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2cor11_22 30

Page history last edited by Paolo E. Castellina 13 years, 1 month ago

Un impressionante curriculum vitae, ma...

 

"22 Sono Ebrei? Lo sono anch'io. Sono Israeliti? Lo sono anch'io. Sono discendenza d'Abraamo? Lo sono anch'io. 23 Sono servitori di Cristo? Io (parlo come uno fuori di sé) lo sono più di loro; più di loro per le fatiche, più di loro per le prigionie, assai più di loro per le percosse subite. Spesso sono stato in pericolo di morte. 24 Dai Giudei cinque volte ho ricevuto quaranta colpi meno uno; 25 tre volte sono stato battuto con le verghe; una volta sono stato lapidato; tre volte ho fatto naufragio; ho passato un giorno e una notte negli abissi marini.26 Spesso in viaggio, in pericolo sui fiumi, in pericolo per i briganti, in pericolo da parte dei miei connazionali, in pericolo da parte degli stranieri, in pericolo nelle città, in pericolo nei deserti, in pericolo sul mare, in pericolo tra falsi fratelli; 27 in fatiche e in pene; spesse volte in veglie, nella fame e nella sete, spesse volte nei digiuni, nel freddo e nella nudità. 28 Oltre a tutto il resto, sono assillato ogni giorno dalle preoccupazioni che mi vengono da tutte le chiese. 29 Chi è debole senza che io mi senta debole con lui? Chi è scandalizzato senza che io frema per lui? 30 Se bisogna vantarsi, mi vanterò della mia debolezza. 31 Il Dio e Padre del nostro Signore Gesù, che è benedetto in eterno, sa che io non mento. 32 A Damasco, il governatore del re Areta aveva posto delle guardie nella città dei Damasceni per arrestarmi; 33 e da una finestra fui calato, in una cesta, lungo il muro, e scampai alle sue mani" (1 Corinzi 11:22-33).

 

Per accreditare sé stessi di fronte ad ebrei e cristiani come autentici e insuperabili servitori di Dio, gli avversari dell'apostolo Paolo vantavano grandi cose. Paolo, così, decide di stare al gioco (che pure egli ammettere essere folle) e dimostra che se proprio fosse necessario vantare i propri titoli ed esperienze, nessuno lo batterebbe. Ecco, così che egli presenta il suo veramente impressionante "curriculum vitae" che continua pure nel capitolo 12. Esso include la sua nobile ascendenza (22), il suo stato di servizio (23-25), i pericoli e le privazioni che egli aveva dovuto affrontare per svolgere il suo ministero (26-27), il suo impegno pastorale (28), le sue fughe avventurose (31-33), le sue esperienze estatiche (12:1-6). Avrebbe potuto sicuramente citare anche il numero di chiese da lui fondate, il grande numero dei loro membri, i programmi evangelistici e pastorali da lui ideati e portati avanti con successo ecc. ma egli mette in rilievo ciò che molti comitati per la ricerca di un pastore avrebbero considerato debolezze ed handicap.

 

I suoi avversari considerano essenziale la pura ascendenza israelita, e Paolo poteva dimostrare di essere un israelita "purosangue" da generazioni. Il suo "stato di servizio", poi, era impeccabile: il suo sorpassava quello di ogni rivale. Era servitore di Cristo al di sopra di ogni sospetto: aveva lavorato duramente fino allo sfinimento non solo nello specifico ministero cristiano, ma anche per il proprio sostentamento materiale per non essere di peso ad alcuno. La sua indomabile coerenza lo aveva portato persino, nel vano tentativo dei suoi nemici di neutralizzarlo, ad essere messo in prigione, bastonato e frustato a sangue più volte, per non contare i tentativi di lapidazione. Paolo, poi, non si era tratto indietro dal viaggiare per mari e per monti pur di far udire dovunque il messaggio dell'Evangelo, affrontando viaggi scomodi e pericolosi. Non si era risparmiato d'alcuna difficoltà. Che dire poi dell'altrettanto instancabile opposizione che aveva avuto da nemici, ma anche da falsi amici? Se gli avessero ben chiesto "Ma chi te lo fa fare?" quando avrebbe potuto evitarlo scegliendo vie più comode, egli avrebbe sicuramente detto: "L'amore di Cristo mi costringe". Insomma nessun padrone di questo mondo avrebbe minimamente mai potuto accusarlo di non essere un servitore meno che diligente, anzi, era stato zelante al massimo grado rischiando più volte, per servire, la sua stessa vita. Che dire poi della sua grande dedizione pastorale per la salvezza delle anime e la crescita dei credenti? Totale: si era immedesimato nelle più diverse situazioni pronto ad aiutare chiunque in qualunque problema fosse con pazienza e compassione sconfinata.

 

Paolo aveva forse anche debolezze? Cose di cui vergognarsi? Magari l'essere fuggito invece che affrontare l'avversario, facendosi calare dalle mura di una città con una cesta? Forse a Corinto c'era chi per quell'episodio lo aveva messo in ridicolo. Non era la prima volta che Paolo era fuggito:il coraggio gli era mancato, o forse, per la causa dell'Evangelo, aveva considerato controproducente "fare l'eroe". Questo, però, per lui non era motivo di vergogna perché per i suoi successi avrebbe dato credito solo a Dio e non a sé stesso. Vantarsi dei propri successi era per lui davvero insensato perché come noi, davanti a Dio, non possiamo dire di esserci guadagnati nulla, così la gloria dei nostri successi deve andare solo a Dio ed alla Sua grazia, l'unico al quale, peccatori e deboli come siamo, si possa dare credito di essi.

 

Preghiera. Signore, insegnami la lezione espressa in modo magistrale dai Tuoi apostoli. Che giammai io mi vanti d'alcunché come se io potessi guadagnare o conseguire qualcosa con le sole mie forze.. Al contrario, che io, evidenziando le mie debolezze ed incoerenze glorifichi la Tua grazia soltanto. Nel nome di Cristo. Amen. 

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