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C'è qualcosa di meglio

Page history last edited by Paolo E. Castellina 14 years ago

2 Corinzi 3:7-11 - C'è qualcosa di meglio!


 

7 "Or se il ministero della morte, scolpito in lettere su pietre, fu glorioso, al punto che i figli d'Israele non potevano fissare lo sguardo sul volto di Mosè a motivo della gloria, che pur svaniva, del volto di lui, 8 quanto più sarà glorioso il ministero dello Spirito? 9 Se, infatti, il ministero della condanna fu glorioso, molto più abbonda in gloria il ministero della giustizia. 10 Anzi, quello che nel primo fu reso glorioso, non fu reso veramente glorioso, quando lo si confronti con la gloria tanto superiore del secondo; 11 infatti, se ciò che era transitorio fu circondato di gloria, molto più grande è la gloria di ciò che è duraturo" (2 Corinzi 3:7-11).

 

In questo testo, l'Apostolo considera il patto stabilito da Dio attraverso Mosè un patto di lettere. Nel versetto 7 egli si riferisce al volto radioso, splendente di Mosè mentre scende dal monte Sinai con in mano le tavole della legge: "Poi Mosè scese dal monte Sinai. Egli aveva in mano le due tavole della testimonianza quando scese dal monte. Mosè non sapeva che la pelle del suo viso era diventata tutta raggiante mentre egli parlava con il SIGNORE" (Esodo 34:29). Il patto mosaico era un accordo unilaterale che strutturava ogni aspetto della vita di Israele (sociale, religioso, fisico e civile) dal tempo di Mosè fino a quello di Paolo. La somma totale dei comandamenti che regolava la vita dell'israelita era 613 leggi. Questo escludendo le interpretazioni rabbiniche della legge (i Tannaim della Mishna) che pure erano considerate vincolanti. Paolo, però, chiama questo "l'antico patto" (14). C'è qualcosa di meglio!

 

Come convincere di questo i tradizionalisti che confondevano i cristiani di Corinto? Questi tradizionalisti, benché confessassero Gesù come il Messia, continuavano, infatti, ad appellarsi a Mosè come modello di spiritualità ed all'osservanza della Legge (in tutta la sua gloria e splendore) come chiave e riferimento principe di una vita cristiana vittoriosa. Inoltre, essi fondavano la loro credibilità di maestri sul fatto che fossero valenti espositori di quella legge. La loro prospettiva, però, era del tutto errata. Guardavano indietro invece che guardare avanti! Paolo qui non intende svalutare o sottovalutare la legge di Mosè, ma dimostrare la superiorità del nuovo Patto rispetto all'antico. La legge di Mosè era e rimane importante, ma quanto è avvenuto con Cristo ed in Cristo lo è ancor di più. La gloria del primo patto, benché così gloriosa che gli israeliti nemmeno potevano guardare il volto di Mosè tanto era splendente, era qualcosa di transitorio. Quanto più splendente e gloriosa è la gloria del nuovo patto che non verrà mai meno! Fondarsi, così, su qualcosa di transitorio, per quanto importante, non è saggio perché rapidamente diventa obsoleto: è solo il nuovo patto, con il suo splendore durevole, che può impartire una credibilità permanente e durevole ai suoi ministri.

 

C'è di più: per coloro che si fondano su di esso, lungi dall'essere la chiave di una vita cristiana vittoriosa, quello dell'antico patto è un ministero che non porta altro che alla morte (7) ed alla condanna (9). Il ministero del nuovo patto, d'altro canto, è il ministero dello Spirito (8) e della giustizia (9), tanto che essere ministri di questo patto significa essere strumenti di vita e di salvezza. Paolo non dice che non bisogna aver a che fare con la legge antica, altrimenti non avrebbe scritto che: "la legge è santa, e il comandamento è santo, giusto e buono" anzi, che è "spirituale" (Romani 7:12,14). La legge deve sovrintendere la nostra condotta, è necessario mettersi a confronto con essa, ma la legge, in quanto tale, non ci dà la capacità di sconfiggere l'influenza del peccato sulla nostra vita, anzi, solo ci condanna perché non ne saremo mai veramente all'altezza. Se ci fondiamo solo sulla legge, non abbiamo speranza, perché essa ci condannerà, visto che noi ne siamo inevitabilmente trasgressori. "Il comandamento che avrebbe dovuto darmi vita, risultò che mi condannava a morte... mi uccise" (Romani 7:10-11). La legge è buona perché riflette il carattere santo e giusto di Dio, ma infrangerla ci fa incorrere nel giudizio di Dio, essa rileva quanto siamo peccatori e ci condanna. Essa non "produce vita". Ecco perché nella storia della salvezza non poteva che essere temporanea. Solo l'opera di Cristo avrebbe "prodotto vita": "Se fosse stata data una legge capace di produrre la vita, allora sì, la giustizia sarebbe venuta dalla legge; ma la Scrittura ha rinchiuso ogni cosa sotto peccato, affinché i beni promessi sulla base della fede in Gesù Cristo fossero dati ai credenti" (Galati 3:21-22). In Cristo il nostro rapporto con Dio non si basa più su un codice scritto di leggi, ma sul rapporto vivente che instauriamo con Lui, dallo Spirito e dalla vita che fluisce da Lui. Certo che oggi vale ancora (ci mancherebbe) ad esempio, il "non uccidere" o il "non rubare", ma il nostro rapporto con Dio non si basa sulla stretta osservanza dei comandamenti (che inevitabilmente in un modo o in un altro infrangeremmo). Soltanto l'opera di Cristo (nella Sua vita, morte e risurrezione) è la base del nostro rapporto permanente, inalterabile, con Dio. Soltanto il dono dello Spirito Santo che il credente riceve per fede in Cristo, è quello che ci trasforma moralmente e spiritualmente, mettendoci in grado di vivere nello spirito della giustizia di Dio. Sotto il regime rigoroso della legge inevitabilmente si andava incontro alla condanna ed alla morte. Sotto il regime di Cristo, nell'ambito del nuovo patto, la nostra riconciliazione con Dio è garantita e sostenuta dall'opera di Cristo, il quale pure, attraverso lo Spirito Santo, ci trasforma e ci educa a vivere secondo i principi buoni e giusti di Dio, la Sua giustizia.

 

Il ministero o servizio della legge, dunque, in quanto tale, "dispensa morte".La sua è una gloria "insopportabile a guardare", tanto luminosa che "ti fulmina", "ti acceca", peggio, "ti paralizza". Per tornare a vedere e a muoverci, quello splendore deve essere "schermato", deve passare. Quello che abbiamo in Cristo è "più glorioso" in un altro senso, è di natura molto diversa, è per noi "più vivibile". Inoltre ci fa rivolgere con fiducia e speranza verso il futuro,  alla "gloria che dev'essere manifestata a nostro riguardo" (Romani 8:18), quando, trasformati completamente dall'opera della grazia di Dio in Gesù Cristo, potremo stare senza più essere "abbagliati" di fronte alla gloria di Cristo, che non ci "fulminerà", ma ci accoglierà: "Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora manifestato ciò che saremo. Sappiamo che quand'egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com'egli è" (1 Giovanni 3:2). Lo splendore del vecchio patto sarà eclissato, allora, dal maggiore splendore del nuovo, perché di carattere permanente. La luce del sole che sorgerà sovrasterà e renderà superflue le lampade accese nella notte. Allora il ministero (il servizio) reso dal vecchio patto sarà superato, avrà esaurito la sua funzione. Indubbiamente queste affermazioni di Paolo sono sorprendenti per un israelita come lui e non ci sorprendono le reazioni scandalizzate dei tradizionalisti. Per gli Israeliti tradizionali la legge è eterna e dà vita.  La fede cristiana non disprezza la legge, ma la riconduce alla sua vera funzione e, soprattutto, la vede dalla prospettiva della grazia di Dio in Gesù Cristo. C'è dunque "di più" e "di meglio".

 

PreghieraDammi, Signore, di cogliere sempre meglio nel mio Signore e Salvatore Gesù Cristo, il sempre nuovo che mi apre alla vita ed al futuro e fa si che veda nel passato non qualcosa da assolutizzare, ma da valorizzare nella prospettiva di Cristo. Amen.

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