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Il peccato è una cosa seria

“1 Si ode addirittura affermare che vi è tra di voi fornicazione, una tale fornicazione che non si trova neppure fra i pagani; al punto che uno si tiene la moglie di suo padre! 2 E voi siete gonfi, e non avete invece fatto cordoglio, perché colui che ha commesso quell'azione fosse tolto di mezzo a voi! 3 Quanto a me, assente di persona ma presente in spirito, ho già giudicato, come se fossi presente, colui che ha commesso un tale atto. 4 Nel nome del Signore Gesù, essendo insieme riuniti voi e lo spirito mio, con l'autorità del Signore nostro Gesù, 5 ho deciso che quel tale sia consegnato a Satana, per la rovina della carne, affinché lo spirito sia salvo nel giorno del Signore Gesù” (1 Corinzi 5:1-5).

Non è raro che ostentazione di grande spiritualità vada di pari passo con un atteggiamento molto “tollerante” e persino compiacente verso l'immoralità. Accade che, vantando esperienze spirituali “d'alto livello” ci si senta “liberi” rispetto alle esigenze dei comandamenti di Dio. Si vanta così “la libertà dello Spirito”contro “la schiavitù del legalismo”, equivocando sia un concetto che l'altro e giustificando così le nostre trasgressioni. Queste trasgressioni possono avvenire segretamente (ci cascano anche persone “insospettabili”), oppure apertamente, senza vergogna, come nel caso di quanto leggiamo nel nostro testo oggi. Molto probabilmente era accaduto che uno dei membri di questa comunità si fosse preso per compagna (concubina) una donna che già era stata l'amante di suo padre. Se l'erano forse passata l'un l'altro? Sta di fatto, però, che questa inaccettabile incoerenza morale, giustificata dall'interessato e “tollerata” dalla comunità, fosse un fatto risaputo persino all'esterno, pregiudicando così la testimonianza della comunità, diffamandola di fronte ad una società già molto libertina come quella d'allora, che si aspettava da parte dei cristiani un comportamento diverso. Non avrebbero detto: “Guardali, tante parole, ma alla prova dei fatti si comportano esattamente come tutti”.

Una tale persona doveva essere sottoposta da parte della comunità ad appropriate misure disciplinari, altro che “far finta di nulla”, e “chiudere un occhio”! Doveva essere ammonita dai responsabili della comunità, persuasa dell'inaccettabilità di tale comportamento incompatibile con i criteri morali stabiliti da Dio nelle Sacre Scritture. Una tale persona doveva essere condotta al ravvedimento ed al cambiamento. Se non avesse voluto sentirne ragione, la comunità, riunita in assemblea (alla quale Paolo sarebbe stato spiritualmente presente, cioè approvandola appieno), avrebbe dovuto decretarne l'allontanamento dalla chiesa. Era infatti in gioco l'onore di Dio e della fede cristiana, come pure la rispettabilità stessa della comunità. Quel tale, privato della protezione della comunità e della benedizione di Dio, avrebbe così “toccato con mano” le conseguenze negative che implicano il trasgredire alla volontà morale di Dio, che cosa significa essere in balìa di Satana. Quel tale si sarebbe eventualmente ravveduto facendo l'esperienza che a scherzare con il fuoco prima o poi ci si brucia... Allora, non più con le buone, avrebbe finalmente capito. “Salvezza”, infatti, non è mai un concetto astratto, ma significa “essere salvi” dagli effetti negativi del peccato e dei nostri “peccati favoriti”specifici, “...affinché lo spirito sia salvo dopo essersi presentati “a rapporto” da Dio, sottoposti al Suo giudizio.

Preghiera. Persuadimi, o Signore, della gravità del peccato e delle sue conseguenze. Che io giammai lo giustifichi con qualche scusa. Amen.