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Senza più bende sugli occhi

Page history last edited by Paolo E. Castellina 14 years ago

2 Corinzi 3:12-18 - Senza più bende sugli occhi!


 

12 "Avendo dunque una tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza, 13 e non facciamo come Mosè, che si metteva un velo sul volto, perché i figli d'Israele non fissassero lo sguardo sulla fine di ciò che era transitorio. 14 Ma le loro menti furono rese ottuse; infatti, sino al giorno d'oggi, quando leggono l'antico patto, lo stesso velo rimane, senza essere rimosso, perché è in Cristo che esso è abolito. 15 Ma fino a oggi, quando si legge Mosè, un velo rimane steso sul loro cuore; 16 però quando si saranno convertiti al Signore, il velo sarà rimosso. 17 Ora, il Signore è lo Spirito; e dove c'è lo Spirito del Signore, lì c'è libertà. 18 E noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione del Signore, che è lo Spirito" (2 Corinzi 3:12-18).

 

Fra le categorie di persone più difficili da raggiungere dall'Evangelo di Cristo erano (e rimangono) gli israeliti. E' cosa davvero stupefacente perché l'Evangelo è la buona notizia che tutto ciò in cui Israele crede, spera ed ama si è realizzato in Gesù di Nazareth. Il carattere ebraico dell'Evangelo risulta chiaramente nella prima predicazione cristiana che annuncia come Gesù sia il compimento delle promesse fatte ad Israele e lo prova attraverso l'esposizione dell'Antico Testamento. Lo scarso successo che l'apostolo Paolo aveva fra gli Israeliti e il motivo di questo, è cosa che sempre lo affliggeva e lo turbava (cfr. Romani 9:1-3). Il testo sotto di 2 Corinzi 3:12-18 può essere considerato una versione breve di ciò che Paolo espone in Romani 9-11.

 

Gli avversari di Paolo lo accusano di interpretare le Scritture in modo "troppo ardito" e che le sue tesi "insostenibili" giustifichino lo scarso successo che riscontra fra gli Israeliti. E' così? Paolo non lo nega. Difatti egli dice che certo: "ci comportiamo con molta franchezza" (12), ma solo perché ha "una tale speranza" che egli agisce così. Il termine "franchezza" anche nell'originale ha a che fare con il concetto di "libertà", libertà di parola e di pensiero, una libertà "garantita dalla costituzione". La "costituzione" che gliela garantisce è lo stesso Nuovo Patto, il quale "apre la mente" permettendo di superare le limitazioni dell'Antico Patto. Per usare termini moderni, è come se accusassero Paolo di essere "un liberale" ed egli non ha remore ad ammetterlo, ma a buona ragione! Mosè "si metteva un velo sul volto" (13) per impedire - dice Paolo - che il pubblico scrutinio mettesse in rilievo il carattere transitorio del suo ministero. Il ministero del Nuovo Patto, però, non ha nulla da temere e da nascondere: è chiaro e lampante. Paolo, infatti, fa ogni sforzo di essere assolutamente trasparente ed aperto in ciò che fa e dice (1:13; 3:3; 5:11-12; 11:6). La speranza che gli permette di esserlo riguarda il superiore carattere del ministero del Nuovo Patto sull'Antico. Egli lo chiama speranza perché il suo splendore ancora deve apparire nella sua pienezza. Speranza non implica che su di questo egli non ne sia del tutto certo, come comunemente la si intende: essa comporta certezza incondizionata nelle promnesse di Dio. E' per questo che Paolo non perde il suo entusiasmo per l'Evangelo, anche se qualcuno lo potrebbe definire una sorta di "arroganza professionale".

 

In questo testo l'Apostolo si riferisce a Esodo 34:29-35 e che commenta iniziando al nostro versetto 13. Perché Mosè si metteva un velo sulla faccia dopo aver comunicato la legge di Dio ad Israele? Il testo di Esodo è enigmatico sull'argomento e si sono fatte diverse ipotesi. Paolo ne fornisce una spiegazione: "...perché i figli d'Israele non fissassero lo sguardo sulla fine di ciò che era transitorio", cioê il ministero stesso di Mosè. Diverse traduzioni italiane lo rendono con "ciò che era solo effimero" (CEI), "ciò che doveva essere annullato" (ND), "ciò che doveva sparire" (Riv.), essi, cioè, non dovevano focalizzarsi su Mosè e sulla legge come se avessero avuto un carattere eterno. L'intenzione di Mosè, però, non viene recepita, le loro menti rimanevano ottuse, non comprendevano il significato di quel gesto e continuavano ad assolutizzare il ministero di Mosè. Lo stesso avevano continuato a fare gli israeliti, inconsapevoli che qualcosa di più e di meglio sarebbe apparso.

 

La grandezza e la gloria di Mosè sarebbe eterna ed impartirebbe vita? No, essi non lo comprendono e persistono ad esaltare Mosè. "Al giorno d'oggi" chi non accoglie l'Evangelo di Cristo insistendo sul carattere assoluto e definitivo di Mosè, ha una mente ottusa, sclerotizzata: Con un rozzo "conservatorismo" cristallizzato si oppone a Paolo e lo considera "un liberale" e non intende il carattere di ciò che egli predica. Quello che leggono ed assolutizzano non è che "l'antico patto", ma esso, in Cristo, è trasceso e superato. Il cuore di un'intera nazione non vede la novità di ciò che è avvenuto con Cristo ed in Cristo.

 

Chi toglierà loro "la benda sugli occhi"? Fino a quando il loro cuore sarà insensibile? Fino a quando sarà "duro d'orecchi"? Finché, come dice la profezia di Isaia 6:9-13, il disastro ed il fallimento di ciò in cui avevano riposto le loro speranze (la distruzione del tempio e di Gerusalemme stessa) li porterà a riconoscere che la predicazione dell'Evangelo ha ragione. Allora si convertiranno. "La benda" sarà rimossa e vedranno le cose chiaramente quando "si saranno convertiti" (16) al Signore (Gesù). E' meglio qui tradurre: "quando ci sarà la conversione"  (CEI), "quando saranno convertiti" (Douay-Rheims) perché essa non sarà effetto di una loro personale risoluzione o scelta. E' il Signore che sovranamente, nella Sua misericordia, al momento opportuno, darà loro un nuovo cuore e si convertiranno, come dice Geremia: "Darò loro un cuore per conoscere me che sono il SIGNORE; saranno mio popolo e io sarò loro Dio (e)  si convertiranno a me con tutto il loro cuore" (24:7). Sarà il Signore che darà loro "un cuore capace di conoscermi", impartirà loro rigenerazione spirituale ed essi si convertiranno a Cristo. E' il Signore che, quando, come e dove vorrà, concederà la grazia della salvezza anche a tanti israeliti che ora "non vedono" ed il velo cadrà dal loro viso.

 

Il significato dell'espressione "il Signore è lo Spirito"  ha da sempre fatto discutere.  Qui, Paolo, non introduce categorie ontologiche né parla di Trinità, ma continua semplicemente a commentare il testo di Esodo 34:34 che può essere tradotto: "Quando Mosè entrava alla presenza del Signore, egli (il Signore) gli toglieva il velo dal volto" o "Mosè si volgeva al Signore affinché potesse togliersi il velo", e quindi qui l'Apostolo è come se dicesse: "Per 'Signore qui si intende "lo Spirito" (di Dio)" per cui, con l'avvento del Nuovo Patto è lo Spirito Santo che diventa il motore primo nella vita del popolo di Dio. E' possibile quindi dire: "dove c'è lo Spirito del Signore, lì c'è libertà". E' così che Paolo ritorna a quanto spiegava in precedenza rispondendo alle accuse di "liberalismo". "Sono libero, è vero, ma perché ho lo Spirito del Signore. Infatti dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà". E' opera dello Spirito Santo, infatti, la rimozione di ogni barriera che impedisca ad un uomo o ad una donna di volgersi con fede al Signore, così pure l'Apostolo dice: "Io sono libero dall'asservimento all'osservanza pedestre della legge di Mosè". Cristo mi ha impartito la libertà di cui godo. Gesù disse: "Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi" (Giovanni 8:36).

 

Il versetto 18 riassume ciò che ha inteso dire nei versetti 12-17. "Noi tutti" (cristiani) possiamo identificarci in Mosè che si accostava al Signore con viso scoperto. Noi, ministri del Nuovo Patto, ministri dell'Evangelo, lasciamo scoperta la nostra faccia e, così facendo, riflettiamo la gloria di Dio. Così come "la luce della conoscenza della gloria di Dio rifulge nel volto di Gesù Cristo" (4:6), così la gloria di Cristo rifulge nel volto dei Suoi rappresentanti. Quando così i predicatori dell'Evangelo riflettono tutt'attorno a loro la conoscenza di Dio, accade una trasformazione, "noi stessi siamo trasformati nella sua stessa immagine" moralmente e spiritualmente, in modo costante. Come un tempo per gli antichi specchi metallici, affinché riflettessero le immagini, bisognava continuamente lucidarli, così il credente deve essere continuamente "lucidato" per riflettere sempre meglio la gloria dell'Evangelo. E' l'opera della santificazione, "di gloria in gloria" secondo l'azione dello Spirito di Dio ("vicario" di Cristo nel credente.

 

Ci troviamo quindi nell'era dell'Evangelo, nel Nuovo Patto, nell'era dello Spirito Santo, non più nell'era di Mosè, della legge e di un Patto che può essere considerato ornai "vecchio". Cristo è attivo in noi attraverso l'opera dello Spirito Santo che ci rigenera, ci porta al ravvedimento ed alla fede, ci fornisce di adeguati doni spirituali per servire Dio e ci dona quella libertà che ci emancipa da una "pedestre" conformità alla legge di Mosè per operare in questo mondo nello spirito di Cristo. E' questo che permette a Paolo quella libertà che egli vanta e che è un dono inalienabile di Dio.

 

Preghiera. Signore Iddio, Ti ringrazio di aver avuto misericordia di me e di avermi coinvolto nell'opera dello Spirito Santo. Egli ha fatto di me una nuova creatura e mi sospinge giorno per giorno a riflettere sempre meglio la gloria di Cristo. Certo è che in me Egli ha ancora tanto lavoro da fare! Ti ringrazio, infine, per la liberta che Cristo mi ha impartito e che prima non avevo. Che essa non diventi un pretesto per fare ciò che più mi garba, ma uno stimolo per seguire consapevolmente la Tua volontà rivelata. Amen.

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