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Strategia pastorale

Page history last edited by Paolo E. Castellina 14 years, 3 months ago

1 Corinzi 1:23-2:4 - Strategia pastorale


 

23 "Ora io chiamo Dio come testimone sulla mia vita che è per risparmiarvi che non sono più venuto a Corinto. 24 Noi non signoreggiamo sulla vostra fede, ma siamo collaboratori della vostra gioia, perché nella fede già state saldi. 2:1 Avevo infatti deciso in me stesso di non venire a rattristarvi una seconda volta. 2 Perché, se io vi rattristo, chi mi rallegrerà, se non colui che sarà stato da me rattristato? 3 Vi ho scritto a quel modo affinché, al mio arrivo, io non abbia tristezza da coloro dai quali dovrei avere gioia; avendo fiducia, riguardo a voi tutti, che la mia gioia è la gioia di tutti voi. 4 Poiché vi ho scritto in grande afflizione e in angoscia di cuore con molte lacrime, non già per rattristarvi, ma per farvi conoscere l'amore grandissimo che ho per voi" (1 Corinzi 1:23-2:4).

 

Un terzo motivo per il quale fra i cristiani di Corinto ci si lamentava dell'apostolo Paolo, oltre che le sue lettere fossero di difficile comprensione e che lui cambiasse spesso idea, era che lui avesse un atteggiamento dittatoriale verso di loro. L'atteggiamento dell'Apostolo Paolo era forse quello di chi vuole signoreggiare, dominare, controllare, padroneggiare, piegare i cristiani di Corinto (e gli altri) affinché tutti la pensassero esattamente come lui e gli fossero sottomessi, senza alcun rispetto per le "autonome espressioni" della loro fede, o magari, come diremmo noi oggi, del "necessario pluralismo"? Forse che Paolo stava mettendo le basi di quello che secoli dopo, sarebbe diventato "l'episcopato monarchico" o, peggio, l'assolutismo dei "corpi direttivi" delle varie sétte che sarebbero sorte nell'ambito del cristianesimo, ciascuna delle quali spesso e volentieri impone la propria ortodossia ai propri adepti, sottoponendoli ad una ferrea disciplina? No, nel modo più assoluto: ordine e disciplina sono importanti, ma ...c'è modo e modo!

 

L'Apostolo per questo chiama a testimone della sua vita Dio stesso e dice loro che non si è recato a visitarli come pure aveva promesso, sulla base di motivazioni pastorali. Era una comunità, certo, che avrebbe avuto necessità di conduttori "dal polso fermo" per reprimere pericolose involuzioni e gli errori che si erano manifestati nel loro mezzo. Paolo, però, proprio per non dare l'impressione sbagliata di volere signoreggiare su di loro, ritiene pastoralmente più saggio non sopraggiungere magari arrabbiato ed indignato (benché ce ne sarebbe stato motivo) ma agire su di loro in modo indiretto, con gli strumenti della paziente opera di persuasione. Avrebbe infatti potuto imporre loro, a causa della loro discutibile condotta, sanzioni disciplinari, ma non lo fa, le "risparmia" loro. Non vuole "rattristarli", non vuole creare situazioni incresciose di tensione e conflitto che potrebbero degenerare. Queste degenerazioni sono ben possibili anche nell'ambito cristiano, come la storia ha dimostrato: da una parte anarchia e dall'altra autoritarismo. Paolo vuole evitare queste polarizzazioni che non giovano ad alcuno e preferisce intervenire in modo indiretto, diplomaticamente sì, ma in modo fermo. Al capitolo 13 pure dirà: "Perciò vi scrivo queste cose mentre sono assente, affinché, quando sarò presente, io non abbia a procedere rigorosamente secondo l'autorità che il Signore mi ha data per edificare e non per distruggere" (13:10). L'Apostolo è indubbiamente investito di autorità. Questa autorità, però, va esercitata in modo saggio. Sempre Gesù disse: "Gesù, chiamatili a sé, disse: "Voi sapete che i prìncipi delle nazioni le signoreggiano e che i grandi le sottomettono al loro dominio. Ma non è così tra di voi: anzi, chiunque vorrà essere grande tra di voi, sarà vostro servitore" (Matteo 20:25,26).

 

Ecco così che Paolo, ritornato ad Efeso, scrive a questa chiesa una lettera severa, attraverso la quale spera di evitare un'altra dolorosa contrapposizione fra di loro (23). In essa egli chiama i cristiani di Corinto a disciplinare la persona che gli ha causato "afflizione" (2:5-11), rimprovera la comunità per non essere venuta in suo soccorso (7:8-11), verifica la loro ubbidienza alla sua legittima autorità apostolica (7:14-15) e mette in questione l'appoggio che essi sono disposti a dargli (2:3; 7:12-13). Indubbiamente per Paolo questa è una lettera difficile: "Poiché vi ho scritto in grande afflizione e in angoscia di cuore con molte lacrime, non già per rattristarvi, ma per farvi conoscere l'amore grandissimo che ho per voi" (2:4). Amministrare azioni disciplinari ad un bambino non è mai facile. Che queste azioni disciplinari siano motivate dall'amore è difficile che un bambino lo comprenda. Paolo, però, vuole rassicurarli che verso di loro egli solo nutre un amore grandissimo

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Paolo, infine, ci tiene a sottolineare come, se pure legittime e necessarie siano le distinzioni di ruoli fra Apöstoli, responsabili di chiesa e "popolo", di fatto siamo tutti "collaboratori", in ossequio al principio stabilito da Gesù stesso: "Ma voi non fatevi chiamare maestro, perché uno solo è il vostro maestro: Il Cristo, e voi siete tutti fratelli" (Matteo 23:8 ND). La parola qui tradotta con "collaboratori" in greco è la stessa del nostro "sinergia": la necessità di "lavorare insieme" nel comune progetto, e non come negli ambiti in cui c'è chi solo comanda e chi solo lavora ed ubbidisce.

 

Preghiera. Ti ringraziamo, Signore, per la pazienza paterna che Tu dimostri verso di noi. Ti ringraziamo anche per ogni qual volta hai esercitato su di noi, per il nostro bene, perché ci ami, una dura disciplina. Ti preghiamo di impartirci la stessa saggezza e lo stesso amore quando esercitiamo le nostre responsabilità familiari o ecclesiali. Nel nome di Gesù. Amen.

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