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Trasparenza, coraggio e fiducia

Page history last edited by Paolo E. Castellina 13 years, 8 months ago

Trasparenza, coraggio e fiducia

 

"1 Perciò, avendo noi tale ministero in virtù della misericordia che ci è stata fatta, non ci perdiamo d'animo; 2 al contrario, abbiamo rifiutato gli intrighi vergognosi e non ci comportiamo con astuzia né falsifichiamo la parola di Dio, ma rendendo pubblica la verità, raccomandiamo noi stessi alla coscienza di ogni uomo davanti a Dio. 3 Se il nostro vangelo è ancora velato, è velato per quelli che sono sulla via della perdizione, 4 per gli increduli, ai quali il dio di questo mondo ha accecato le menti, affinché non risplenda loro la luce del vangelo della gloria di Cristo, che è l'immagine di Dio. 5 Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù quale Signore, e quanto a noi ci dichiariamo vostri servi per amore di Gesù; 6 perché il Dio che disse: «Splenda la luce fra le tenebre», è quello che risplendé nei nostri cuori per far brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo" (2 Corinzi 4:1-6).

 

Il compito, il servizio, il ministero al quale era stato chiamato l'Apostolo Paolo era (e rimane, attraverso le sue lettere contenute nel Nuovo Testamento), quello di "far brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo" (6). Gesù diceva: «Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Giovanni 8:12). In Cristo, infatti, troviamo tutto ciò che è vero, onorevole, giusto, puro, amabile, di buona fama, virtuoso e lodevole, gli autentici, unici ed oggettivi "valori" che rendono la vita degna di essere vissuta. In Cristo troviamo lo splendore di Dio che, nella Sua misericordia, ci chiama a conoscerlo ed a stabilire con lui una durevole comunione. Questa è la vita, la "vita eterna", la salvezza che l'Evangelo proclama, come ancora dice Gesù stesso: "Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo" (Giovanni 17:3). L'apostolo Paolo era impegnato ad accompagnare uomini e donne a Cristo e, attraverso Cristo, a metterli in comunione con Dio. In questo egli era del tutto trasparente, non aveva secondi fini.

 

Non si poteva dire lo stesso, però, di gente disonesta, che, pur vantando di servire Dio ed operando nell'ambito delle chiese cristiane di quel tempo, si contrapponeva a Paolo e lo accusava di ciò che, in realtà, stavano facendo essi stessi... Ecco così che l'Apostolo, nel testo che stiamo considerando oggi, difende sé stesso ed il servizio che sta svolgendo per amore di Gesù (5b). Egli è assolutamente corretto nel modo in cui porta avanti il suo apostolato, sia rispetto a Dio che davanti a tutti e, affinché questo sia riconosciuto, egli fa appello alla coscienza di ognuno. In questa sua difesa troviamo, così, un prezioso insegnamento; troviamo delineato "lo stile" che pur deve caratterizzare il nostro servizio cristiano. Siamo infatti chiamati, ciascuno secondo i talenti che ha ricevuto, a riflettere la luce con la quale Cristo illumina il nostro cuore, affinché il mondo che ci circonda possa esserne altrettanto beneficato, secondo che ci è detto: "Come dunque avete ricevuto Cristo Gesù, il Signore, così camminate in lui" (Colossesi 2:6), con Lui, compatibilmente a Lui. Al tempo stesso l'Apostolo, in questo brano, ci mette in guardia contro coloro che, senza scrupoli, anche nell'ambito cristiano del nostro tempo, si comportano ben diversamente.

 

In primo luogo (forse qui abbiamo l'eco delle accuse che gli venivano rivolte) troviamo quel che egli non fa.

 

(1) Egli rifiuta (rinuncia deliberatamente) ad ogni "intrigo", cioè dissimulazione (di altre intenzioni), sotterfugi, cose nascoste disoneste e sleali. Egli non fa nulla di cui si dovesse vergognare, non teme che "venga fuori" nulla che non sia assolutamente onesto. Non ha secondi fini, una "agenda" segreta. In quel che fa non ambisce né a potere né a denaro (l'arricchimento personale), non insinua di soppiatto strane dottrine. Non agisce per gelosia al fine di danneggiare eventuali avversari. Non fa uso di mezzi equivoci, astuti, fraudolenti, "metodi sottobanco". Egli non intende accreditare l'Evangelo compiacendo e lusingando i suoi uditori proponendo loro solo quel che fosse loro gradito, tanto per "fare numero" e magari vantarsi di quante persone "ha convertito" o battezzato...

(2) Egli non si comporta con astuzia (furbizia) facendo uso, nel suo parlare, di abili sofismi tesi a confondere ed ingannare, o peggio, per "svicolare" eludendo argomenti sgradevoli. Il termine che usa per "astuzia" è in greco "panurgia", l'atteggiamento per il quale il fine giustifica i mezzi, la strategia di chi non si fa scrupoli pur di raggiungere il fine che si propone. Questo, piuttosto è il metodo usato da Satana nel sedurre Eva (2Corinzi 11:3), quello usato dai Giudei quando tendevano dei tranelli a Gesù (Luca 20:23), quello che usano i falsi dottori quando vogliono sedurre i semplici insinuando qualche eresia (2Corinzi 4:14)

(3) Egli non falsifica la Parola di Dio (2c) adulterandola, mescolandola con speculazioni, dottrine, ideologie o tradizioni umane. Non tiene nascoste verità scomode che potrebbero essere sgradite, ma espone la verità nella sua completezza. Paolo ha coscienza di predicare la parola di Dio quale l'ha ricevuta da Gesù (Galati 1:11-12; 1Corinzi 15:3; 1Tessalonicesi 2:13). Paolo, per così dire, non nasconde la sua bandiera o ne cambia i colori: non si vergogna dell'Evangelo di Cristo, sapendo che esso è la potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede. Il ricorrere a tali mezzi sarebbe un mostrar poca fede nella potenza intrinseca della verità

 

In secondo luogo, l'Apostolo dice qui che cosa egli fa facendo appello alla testimonianza della coscienza di ciascuno. Noi "raccomandiamo noi stessi" (ci presentiamo, rendendoci approvati) alla coscienza di ognuno davanti a Dio (2e).

 

(1) Egli rende pubblica la verità (2d) annunciandola apertamente. Gesù diceva, infatti, "...tutto quello che avete detto nelle tenebre, sarà udito nella luce; e quel che avete detto all'orecchio nelle stanze interne, sarà proclamato sui tetti" (Luca 12:3).

(2) Egli non predica sé stesso ("Noi non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù quale Signore" 5a), ma Cristo e Cristo soltanto, non una chiesa, una corrente di pensiero, una sétta. A Dio deve andare ogni gloria.

 

Fare tutto questo, comportandosi in modo così trasparente, indubbiamente può essere scoraggiante, perché "non garantisce i risultati" che si potrebbero ottenere con metodi subdoli (cosa che rifiuta di fare). Egli, però, non si perde d'animo, non si stanca, non si stufa come facendo un lavoro frustrante che porta poco o nessun frutto  (1b). Certo, quando la ricezione dell'Evangelo incontra difficoltà la tentazione dello scoramento è grande. C'è la difficoltà di farlo accettare così dai Giudei come dai pagani; ci sono le opposizioni suscitate da nemici aperti, o da falsi apostoli; le defezioni di fratelli con i quali si è lavorato con amore; ci sono le sofferenze ed i pericoli che accompagnano tutti i passi del suo ministero.

 

L'Apostolo non si scoraggia perché la promessa di Dio è chiara: "...così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata" (Isaia 55:11). Coloro ai quali Dio ha accordato la grazia della salvezza accoglieranno certamente il messaggio dell'Evangelo e si convertiranno per l'azione efficace dello Spirito Santo. Molti altri, invece, che sono sulla via della perdizione (3b), che vi sono destinati, respingeranno l'Evangelo. Come dice in un'altra lettera: "In una grande casa non ci sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche vasi di legno e di terra; e gli uni sono destinati a un uso nobile e gli altri a un uso ignobile" (2 Timoteo 2:2), a seconda di ciò che Dio, "il grande vasaio", ha deciso. Anche Pietro scrive: "Essi, essendo disubbidienti, inciampano nella parola; e a questo sono stati anche destinati" (1 Pietro 2:8). L'annuncio dell'Evangelo, però, li renderà inescusabili.

 

Il motivo per cui tanti respingono l'Evangelo, così, è chiaro: per molti l'Evangelo è velato (coperto, nascosto) (3a), - perché sono increduli. Satana ha accecato la loro mente incredula (4a). Satana è, infatti, "il dio di questo mondo" (4b) e li ha resi ciechi di fronte all'Evangelo "affinché non risplenda loro la luce del vangelo della gloria di Cristo, che è l'immagine di Dio" (4c). 

 

In effetti vi è la costante tentazione, nel ministero cristiano, di predicare solo quello che la gente vorrebbe udire o è compatibile con l'ideologia dominante. Le predicazioni che mettono in crisi l'uditorio mettendo in luce difetti e peccati, di solito non risultano in pacche sulla spalla, ma suscitano spesso critiche ed ostilità. Vi sono settori delle chiese (di diversa tendenza) che, pur di fare accettare il messaggio lo compromette e lo rende "più accettabile", "più facile". Speso è in gioco il salario stesso del pastore ed il suo posto di lavoro, se non predica ciò che alla gente è gradito... Questo, però, non è ciò che fa l'Apostolo. "Costi ciò che costi" egli deve annunciare la verità perché ne dovrà rendere conto a Dio. Predicare in modo che serva Cristo e non l'ego della gente richiede coraggio.

 

Preghiera. Signore, che io abbia la trasparenza e l'onestà dell'Apostolo quando porto il tuo messaggio nel mondo. Dammi la fiducia che esso avrà successo, non magari nella misura che spero, ma secondo ciò che hai prestabilito. Ti ringrazio che tu prometti di provvedere a me anche nel caso che come tuo messaggero io fossi respinto. La tua luce brilla nelle tenebre e niente e nessuno la potrà soffocare. Infondimi, o Signore questa certezza. Nel nome di Cristo e per la Tua sola gloria. Amen.

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