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ebrei14_15_25 26

Page history last edited by Paolo E. Castellina 12 years, 6 months ago

La certezza dei propositi di Dio 


 

Esamino in questo articolo i testi di Ebrei 12:14-15 e 25-26 come risposta ad una valutazione critica negativa di quanto affermato dai Canoni di Dordrecht (5:6) sul tema dellaperseveranza dei santi. Chi contesta questa dottrina afferma che anche l'eletto, colui o colei al quale Dio ha accordato dall'eternità la grazia della salvezza in Cristo, possa, con il suo comportamento nel tempo, pregiudicarsi la salvezza che ha ricevuto, perdere la grazia ed essere comunque dannato... A questo riguardo si citano alcuni testi biblici che sembrerebbero affermarlo. Un accurato esame degli stessi, però, dimostra che non solo questo non sia il caso, ma che si rivelerebbero, se fosse davvero così, in aperta contraddizione al chiaro insegnamento delle Sacre Scritture che afferma come la salvezza sia decisione ed opera di Dio dal principio alla fine e che niente e nessuno la può pregiudicare. Dio porta a compimento senza fallo ciò che si è proposto di fare avvalendosi dei mezzi e prendendo le misure necessarie per realizzarlo, sopperendo a tutto ciò che lo vorrebbe impedire.

 

Ripropongo così l'articolo "incriminato" dei Canoni di Dordrecht e le contestazioni che gli si oppongono. Rispondo così qui a 6 delle 11 domande poste, riservandomi di rispondere in seguito anche alle successive.

 

"Poiché Dio che è ricco di misericordia, secondo il disegno immutabile dell'elezione, non toglie mai interamente dai suoi il suo santo Spirito, neanche nelle loro tristi cadute, e non permette che cadino al punto di perdere la grazia dell'adozione e lo stato di giustificazione, o che commettano il peccato che porta alla morte, cioè contro lo Spirito Santo, né che, essendo totalmente abbandonati da Lui, essi si gettino nell'eterna perdizione" (Canoni di Dordrecht, 5:6).

 

Ora, in base all'affermazione del punto VI del canone di Dordrecht, le mie domande sono perciò le seguenti: 1) Come mai allora nella epistola agli Ebrei sta scritto: "Procacciate ... la santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore; badando bene che nessuno resti privo della grazia di Dio" (Ebrei 12:14,15). 2) Chi è che può rimanere PRIVO DELLA GRAZIA di Dio? 3) Lo scrittore sacro sta parlando A DEGLI ELETTI oppure no? 4) E perché senza la santificazione NESSUNO VEDRA' il Signore? 5) E come mai, sempre rivolta AGLI ELETTI, la Scrittura prosegue dicendo: "Guardate di non rifiutare Colui che parla; perché, se quelli non scamparono quando rifiutarono Colui che rivelava loro in terra la sua volontà, molto meno SCAMPEREMO NOI SE VOLTIAM LE SPALLE a Colui che parla dal cielo... Perciò, ricevendo un regno che non può essere scosso, siamo riconoscenti, e offriamo così a Dio un culto accettevole, con riverenza e timore! Perché il nostro Dio è anche un fuoco consumante." (Ebrei 12:25,29)?

 


1.

 

"Impegnatevi a cercare la pace con tutti e la santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore; vigilando bene che nessuno resti privo della grazia di Dio; che nessuna radice velenosa venga fuori a darvi molestia e molti di voi ne siano contagiati" (Ebrei 12:14-15).

 

L'impegno alla personale santificazione è fra le evidenze che dimostrano di essere di fronte ad un autentico cristiano.

 

Dio, infatti, fra la massa di peccatori condannati, ha scelto di riservare a sé stesso un popolo di persone che Egli libera in Cristo dalle conseguenze penali del loro peccato e che poi gradualmente purifica attraverso l'opera santificante dello Spirito Santo per poterle ammettere un giorno alla presenza della Sua santità. La santificazione è una componente dell'opera di salvezza che Dio porta gradualmente a compimento nei Suoi eletti.

 

Si può dire che, anzi, i Suoi sono stati eletti in vista della santificazione, come afferma l'Apostolo: "In lui ci ha eletti prima della creazione del mondo perché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui, avendoci predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà" (Efesini 1:4-5). Per l'autentico cristiano la propria santificazione morale e spirituale fa inevitabilmente parte della sua esperienza di fede, sia perché egli è oggetto dell'opera purificatrice in lui dello Spirito Santo, sia in quanto impegno personale in quel senso.

 

Il cristiano sa che nessun peccatore potrà stare alla presenza di Dio e "vederlo". Per questo il egli non esita a perseguire la propria santificazione attraverso l'uso diligente dei mezzi di grazia che Dio gli provvede e volentieri si muove in quel senso, perché ama il Signore e desidera incontrarlo. Non è possibile che un autentico eletto da Dio alla salvezza ignori l'esigenza della sua santificazione (purificazione dal peccato) perché così come Dio lo ha posto nella capacità di ravvedersi e di credere a Cristo, così gli ha infuso il desiderio di giungere alla santità. A causa della presenza in lui della sua vecchia natura e di un suo costante combattimento interiore, questo processo di santificazione può certo essere rallentato ed ostacolato in varie maniere, ma non verrà mai meno, non sarà mai pregiudicato. Dio farà sempre in modo che egli arrivi "al traguardo", e ci arriverà, perché Dio realizza sempre i Suoi propositi.

 

Quella dello scrittore di questa epistola è un'esortazione che il cristiano volentieri accoglie, un'esortazione e stimolo della quale sa averne continuamente bisogno. Si tratta qui di un'esortazione, non di una "minaccia" come se l'Apostolo dicesse: "E' meglio che voi vi diate da fare, altrimenti non sarete salvati!"....

 

Al tempo stesso l'impegno nella personale santificazione sarà la "discriminante" attraverso la quale si può distinguere il vero cristiano dal falso. Tutto questo, naturalmente, tenendo conto che il cristiano deve lottare per tutta la sua vita contro la sua vecchia natura che in lui permane, che talvolta cade e, per l'azione provvidenziale di Dio, si rialza, e che non vi saranno mai "cristiani perfetti" dalla coerenza più totale.

 

In questo senso qui l'Autore parla principalmente a cristiani impegnati (gli eletti) ma anche a tutti coloro che "girano loro attorno" facendo parte della "comunità cristiana allargata". Per i primi l'esortazione apostolica assume le caratteristiche di esortazione ed incoraggiamento, per i secondi di ammonimento. La chiesa del Signore, in questo mondo, rimane sempre un "corpo misto", convertiti e non, sinceri ed ipocriti, credenti di sostanza e credenti apparenti. Non ci è dato spesso di distinguere con certezza chi siano i primi e chi siano i secondi, per cui il messaggio dei ministri della Parola deve avere sempre una duplice valenza, raggiungere entrambe le categorie di persone: salvare ed incoraggiare i primi e ammonire e rendere inescusabili i secondi.

 

Questa distinzione ci accompagna ad intendere correttamente pure la seconda parte del versetto, dove l'Apostolo si rivolge al più ampio contesto di una chiesa composta prevalentemente da Israeliti che correvano il rischio costante di ricadere negli insegnamenti tradizionali (non cristiani) del Giudaismo.

 

2.

 

"Impegnatevi a cercare la pace con tutti e la santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore; vigilando bene che nessuno resti privo della grazia di Dio; che nessuna radice velenosa venga fuori a darvi molestia e molti di voi ne siano contagiati" (Ebrei 12:14-15).

 

Quando gli scrittori del Nuovo Testamento fanno uso dell'espressione "grazia di Dio" essi possono riferirsi, a seconda del contesto, a due cose diverse:

 

(1) la grazia di Dio in Gesù Cristo, quella che Egli ha accordato ai Suoi sin da prima della fondazione del mondo; oppure

(2) l'intero messaggio dell'Evangelo, l'Evangelo della grazia. "La grazia di Dio" è in questo senso sinonimo di "l'annuncio della grazia di Dio in Gesù Cristo".

 

Quando lo scrittore della lettera agli Ebrei, al versetto 15, dice: "...vigilando bene che nessuno resti privo della grazia di Dio", egli intende: "Vigilate bene che fra di voi sia chiaramente annunciato l'Evangelo della grazia di Dio, che nessuno ve lo sottragga, che tutti abbiano l'opportunità di udirlo ripetutamente; non permettete che esso sia mai rimpiazzato da un messaggio che parli di salvezza mediante opere meritorie oppure dalle presunte virtù del cerimonialismo.

 

Se lo scrittore, per "grazia di Dio" intendesse il primo significato che abbiamo qui dato, egli contraddirebbe il messaggio di fondo del Nuovo Testamento, il quale proclama la grazia come ciò che Dio ha concesso dall'eternità ai Suoi eletti, grazia che è espressione di un decreto eterno ed immutabile, la cui esecuzione niente e nessuno può pregiudicare. Paolo scrive: "...in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati. Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore" (Romani 8:37-39).

 

Lo scrittore non parla neppure qui della grazia di Dio impiantata nel cuore del peccatore eletto al momento della sua rigenerazione, la quale è "seme incorruttibile" e non potrà mai esserci sottratto. Come la fede, l'amore e la speranza, esso durerà e non verrà mai meno. Come afferma Pietro: "...perché siete stati rigenerati non da seme corruttibile, ma incorruttibile, cioè mediante la parola vivente e permanente di Dio" (1 Pietro 1:23). Poco prima, egli stesso aveva affermato: "Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una eredità incorruttibile, senza macchia einalterabile. Essa è conservata in cielo per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la salvezza che sta per essere rivelata negli ultimi tempi" (1:3-5).

 

Gli ebrei a cui si riferisce il testo, correvano il rischio, a causa della mentalità e della predicazione giudaizzante, di rimanere privi dell'annuncio di grazia dell'Evangelo. E' la stessa situazione in cui si trovavano i Corinti che, persuasi da messaggi diversi dall'Evangelo annunciato dagli Apostoli, dopo avere ascoltato questo messaggio una volta, lo avrebbero accantonato per dare credito a messaggi diversi e "più plausibili" per la carne. Egli, infatti, dice loro:  "Come collaboratori di Dio, vi esortiamo a non ricevere la grazia di Dio invano" (2 Corinzi 6:1). Anche in questo caso il testo qui non si riferisce alla grazia di Dio, che, resa efficace dallo Spirito Santo, non si può mai dire che essa sia "ricevuta invano", ma dall'annunzio della grazia di Dio che, per così dire, può "entrare da un orecchio ed uscire dall'altro" per i reprobi che l'ascoltano in modo esclusivamente esteriore, e che risulterà a loro condanna dopo averli resi inescusabili.

 

Gli ebrei a cui l'epistola si rivolge, così, avrebbero potuto rimanere privi dell'annuncio dell'Evangelo della grazia per sostituirlo con qualcos'altro, riceverlo dapprima solo esteriormente ed abbracciarlo, ma poi, dopo avervi dato il loro assenso, abbandonarlo, rinnegarlo in favore di qualcos'altro giudicato "migliore".

 

La preservazione del puro annuncio della grazia di Dio in Gesù Cristo era, e rimane, questione di estrema importanza. In gioco, infatti, c'è la gloria di Dio, l'onore di Cristo, il bene ed il benessere delle anime, e persino l'esistenza stessa della Chiesa.

 

3.

"Badate di non rifiutarvi d'ascoltare colui che parla; perché se non scamparono quelli, quando rifiutarono d'ascoltare colui che promulgava oracoli sulla terra, molto meno scamperemo noi, se voltiamo le spalle a colui che parla dal cielo; la cui voce scosse allora la terra e che adesso ha fatto questa promessa: «Ancora una volta farò tremare non solo la terra, ma anche il cielo»" (Ebrei 12:25-26).

 

Qui lo scrittore sta parlando al popolo di Israele nel suo insieme (il prevalente destinatario di questa lettera), eletto in quanto tale, ma sicuramente "corpo misto" "...infatti non tutti i discendenti d'Israele sono Israele" (Romani 9:6). Quanti rifiutano di prestare ascolto a Dio che ci parla in modo unico attraverso Gesù di Nazareth che è l'atteso Messia, il Signore e Salvatore, sicuramente "non scamperanno" al giudizio di Dio sui peccatori, così come avevano perso la vita coloro che nel deserto dell'Esodo non avevano prestato ascolto alla Parola di Dio attraverso Mosè. Chi "volta le spalle" al Salvatore Gesù Cristo e si allontana da Lui ovviamente non troverà salvezza.

 

Gesù è il Mediatore del Nuovo Patto, il cui sangue "parla meglio di quello di Abele" (Ebrei 12:24). Egli è stato Colui che, nel consiglio e patto di grazia, in cielo, ha parlato in favore degli eletti. Egli è Colui che alla creazione parla e ogni cosa è creata dal nulla. Egli è "l'angelo dell'Eterno" attraverso il quale gli israeliti al Sinai ricevono la Legge. Egli è lo stesso Angelo che parla ai santi dell'Antico Testamento.  Durante la Sua vita terrena, il Cristo ha parlato come il Profeta della Chiesa. Egli è ora Colui che continua a parlare dal Cielo, comparendo alla presenza di Dio per intercedere in favore dei Suoi eletti, presentando il sangue del Suo sacrificio come espiazione per i loro peccati e la Sua giustizia per essere loro accreditata. Egli è Colui che parla mediante il Suo Spirito al cuore dei Suoi santi e che continua a parlare attraverso i ministri dell'Evangelo e nelle sue ordinanze. Come si potrebbe allora prendere alla leggera e trascurare l'Evangelo allorché il mondo tira fuori le solite scuse per non ascoltarlo quando ne avrebbe l'opportunità e, se lo ascolta, lo contraddice e lo bestemmia, lo disprezza e lo vilipende? 

 

Dobbiamo così avere la massima cura a che Cristo non sia accantonato o peggio rifiutato nel ministero della Parola, ma che risalti con forza nella persona che parla. Il Cristo non è infatti semplice uomo, ma Dio, la Sua eterna Parola. Cristo deve risaltare dall'eccellenza di ciò che viene pronunciato e la "grande salvezza" (Ebrei 2:3) che Egli annuncia non è certo cosa che possa essere trascurata. Egli dev'essere "lo sfondo" sicuro di ogni discorso nella Sua chiesa. Satana, infatti, si industria molto per far in modo che l'Evangelo non sia proclamato o sia oscurato in varia maniera, peggio, che sia sottratto, rubato dalle chiese stesse in favore di "altri discorsi" ritenuti più "rilevanti" ed "interessanti".

 

Se non sfuggirono al giudizio di Dio coloro che (Israeliti) L'avevano rifiutato quando parlava sulla terra apparendo sul Sinai proclamando il Decalogo ai figli di Israele, o comparendo come l'Angelo di Dio a Mosè, oppure tramite Mosè stesso come portavoce autorizzato di Dio e mediatore, che avviene loro quando loro parla ancora tramite Cristo e la predicazione dell'Evangelo? Infatti "i nostri padri non vollero dargli ascolto, lo respinsero, e si volsero in cuor loro verso l'Egitto" (Atti 7:39): potrebbe essere diversamente oggi per coloro che rifiutano di prestargli ascolto? Ci sono stati e ancora oggi vi sono coloro che, dopo aver prestato ascolto all'annuncio dell'Evangelo di Cristo, Gli voltano le spalle. Questo non potrà che essere a loro perdizione. "Di quale peggior castigo, a vostro parere, sarà giudicato degno colui che avrà calpestato il Figlio di Dio e avrà considerato profano il sangue del patto con il quale è stato santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia?" (Ebrei 10:29).

 

Dire che questo testo parlerebbe della possibilità che gli eletti "voltino le spalle" a Cristo, rifiutando di ascoltarlo ed allontanandosi da Lui dopo aver riposto in Lui la loro fede ai fini della salvezza, il meno che si possa dire è che non è pertinente. Coloro che appartengono realmente a Cristo, "le sue pecore" ascoltano volentieri la Sua voce e Lo seguono."Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono" (Giovanni 10:27) e quand'anche una di queste pecore si allontanasse dal gregge ed "errasse  per i monti", possiamo essere certi che il buon Pastore lascerà le 99 nell'ovile ed andrà a cercarla per recuperarla (Luca 15:4).

 

Gesù dice chiaramente: "Mentre io ero con loro, io li conservavo nel tuo nome; quelli che tu mi hai dati, li ho anche custoditi, e nessuno di loro è perito, tranne il figlio di perdizione, affinché la Scrittura fosse adempiuta" (Giovanni 17:12). Nessuno degli eletti perirà. Perirà "il figlio di perdizione", il reprobo, per quanto per un certo tempo avesse fatto parte della compagnia dei discepoli di Gesù. Il fatto che Lo seguisse e poi L'avesse abbandonato non indica che fosse stato un autentico credente e che poi avesse "perduto la salvezza". Di fatto, nei disegni di Dio, Giuda era sempre stato "il figlio di perdizione".

 

(1, continua)

 

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