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giacomo07

Page history last edited by Paolo E. Castellina 11 years, 5 months ago

Indice -  Sesta parte - Ottava parte

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7. Una fede morta

 

Che cos’è la sterilità? La sterilità in  In biologia, è la non attitudine, in individui (umani o animali) in età normalmente feconda, a concepire o fecondare, dovuta a molteplici cause. In botanica, detto di pianta o di sue parti incapaci di produrre disseminuli o di generare un nuovo individuo. La sterilità può essere riferita anche ad un terreno che, a causa della sua costituzione fisica e chimica non permette la coltivazione di piante. Il termine sterilità può essere pure usato in modo figurato per indicare Improduttività, incapacità di produrre effetti validi o utili.

Può esistere una fede sterile, vale a dire persone che dichiarano di essere cristiane ma che non ne danno alcuna evidenza concreta, pratica, che comprovi la loro affermazione con opere consone e conseguenti? Sì, certo, le false professioni di fede sono molto comuni e l’apostolo Giacomo la chiama “una fede morta”, improduttiva. Che cosa, infatti, ci si può aspettare da chi è “spiritualmente morto” quali che siano le sue affermazioni?

Giacomo continua, nel brano della sua lettera che consideriamo oggi, la serie di test attraverso i quali i suoi lettori possono valutare se la loro fede è autentica, vivente, oppure morta. Egli chiaramente afferma che una fede che non si manifesti nella pratica in modo coerente con i principi che la caratterizzano, di fatto non esiste, è inconsistente, è qualcosa di morto. Giacomo non afferma che si possa essere salvati davanti a Dio in forza ed in misura delle buone opere che noi compiamo, ma che la vera fede salvifica necessariamente dà prova di essere tale, che chi davvero è stato spiritualmente “generato da Dio” diventa una “primizia” della nuova creazione (1:18). Sì, Giacomo vuol dire che ci si può trovare di fronte a persone che professano di essere cristiane ma che di fatto non lo sono, perché, alla prova dei fatti, il loro comportamento contraddice quel che affermano. La loro conclamata fede è solo qualcosa di esteriore, di apparente, di falso, di ingannevole. Essi non solo ingannano gli altri, ma soprattutto ingannano sé stessi, perché la loro fede, comunque la definiscano e la giustifichino, non è in grado di “salvarli” (v. 14, 17, 20, 24, 26). Non si tratta di una “fede salvifica”.

È possibile che Giacomo, parlando di “fede morta”,visto che scrive la sua lettera prevalentemente a cristiani di origine ebraica, avesse in mente persone che coltivavano l’errata persuasione che, dato che le “opere di giustizia” e l’ubbidienza alla Legge di Dio non sono in grado di renderci giusti di fronte a Dio, per essere salvi bastasse dare un semplice assenso mentale ai fatti riguardanti Gesù Cristo presentati dall’Evangelo.

La verità che Giacomo così mette in rilievo in questo testo è che a rivelare chi siamo, non è quel che diciamo d’essere, ma quel che facciamo. Giacomo parla della fede autentica, “la fede che salva”, mettendola in contrapposizione all’avere delle semplici credenze o anche solo intenzioni che non facciano una sostanziale differenza nella vita di chi le afferma.

Chiediamo a Dio che, attraverso lo studio biblico di quest’oggi Egli ci faccia intendere il rapporto che intercorre fra fede ed opere e ci aiuti a manifestare una fede vivente, “di qualità”.

 

Il testo biblico

 

A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, e uno di voi dice loro: «Andate in pace, scaldatevi e saziatevi», ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che cosa serve? Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta. Anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede». Tu credi che c'è un solo Dio, e fai bene; anche i demoni lo credono e tremano. Insensato! Vuoi renderti conto che la fede senza le opere non ha valore?” (Giacomo 2:14-20).

 
Chiarire i termini

 

Che cos’è “la fede”? Le definizioni di “fede” possono essere innumerevoli e contrastanti, basta solo fare una ricerca su Internet per rendersene conto. Un vocabolario della lingua italiana ne dà almeno quattro: (1) convinzione profonda dell'esistenza o della bontà di una certa cosa; fiducia; (2) l'insieme delle credenze proprie di una religione: (3) fedeltà, lealtà nel mantenere i propri impegni; (4) anello che portano le persone sposate come simbolo del loro matrimonio.

È invalsa oggi la persuasione che una qualsiasi fede religiosa sia lodevole, che vada bene e “aiuti a vivere”. Questa, però, è un’affermazione inaccettabile. Può essere molto conveniente a chi è troppo pigro per informarsi ed esercitare spirito di discernimento, e soprattutto per chi non vuole mettersi in discussione.

Giacomo non precisa esattamente ciò che egli intenda quando parla di fede. Scrivendo a dei cristiani egli lo dà per scontato, lo presuppone, ma non si tratta di una fede “in astratto”. È la fede in Dio così come si è rivelato al popolo di Israele nel corso della sua storia e, soprattutto, come si è rivelato nella persona e nell’opera di Gesù di Nazareth, che confessano essere il Messia, il Salvatore del mondo, secondo l’insegnamento dei profeti di Israele e dei Suoi apostoli. Giacomo non specifica ulteriormente: definire la fede non è l’obiettivo di questa sua lettera.

Quello che però egli intende sottolineare con forza è che la fede nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio di Gesù Cristo, per essere autentica, per essere “salvifica”, deve avere precise conseguenze pratiche per chi la professa, deve manifestarsi in “frutti degni” di Colui che chiamiamo nostro Signore e Maestro. Una volta Gesù aveva detto: Poiché non c'è albero buono che faccia frutto cattivo, né albero cattivo che faccia frutto buono. Ogni albero infatti lo si riconosce dal proprio frutto, perché non si raccolgono fichi dalle spine e non si vendemmia uva da un rovo. L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae il bene; e l'uomo malvagio dal malvagio tesoro del suo cuore trae il male, perché la bocca di uno parla dall'abbondanza del cuore. Ora, perché mi chiamate, "Signore, Signore", e non fate quello che dico?” (Luca 6:43-46).

In particolare Giacomo indica come “frutti degni” di una confessione autentica di fede in Cristo quello che particolarmente era in evidenza (anche se non l’unico tratto) nella vita di Gesù: la Sua compassione e solidarietà pratica verso i sofferenti ed i bisognosi. Giacomo non pretende l’assoluta coerenza (che non sarà mai possibile in questo mondo), ma denuncia come illusoria la fede di quei pretesi cristiani che giammai manifestano nella pratica significative evidenze di essere cristiani. La vita del cristiano, infatti, “deve distinguersi” come quella dei primi cristiani, dei quali tutti riconoscevano che erano stati con Gesù” (Atti 4:13).

Che cos’è la salvezza. In secondo luogo, visto che Giacomo parla di “fede che salva”, o fede salvifica, riteniamo opportuno precisare che cosa pure si debba intendere per “salvezza”. Anche in questo caso per “salvezza” oggi si intendono le cose più diverse e i cristiani moderni, pur parlandone e annunciandola, spesso non contribuiscono molto a far capire di che cosa effettivamente si tratti...

Come non si può parlare di fede in astratto, ma bisogna legarla ad un preciso referente, vale a dire Cristo e la Sua opera applicata al credente, così non si può parlare in astratto di salvezza senza specificare debitamente che si tratta in primo luogo di salvezza da ciò che Dio, nella Sua Parola considera peccato. La salvezza è dal peccato. Il peccato, così com’è definito dalla Scrittura, comporta, sia a livello personale che sociale, innumerevoli conseguenze negative, sia in questa vita che nell’aldilà. Da queste conseguenze negative il Signore Gesù Cristo ci salva. La salvezza è dal peccato in vista della comunione personale con Dio, in funzione della quale, come creature umane, eravamo destinati. Il peccato ha infranto questa comunione privandoci così del senso ultimo della nostra vita. Cristo ci salva riportandoci in comunione con Dio. Si può quindi parlare di “fede salvifica” quella fede che ci porta alla salvezza dal peccato e ci restituisce alla comunione con Dio. L’apostolo Paolo scrive: Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; e noi vi esortiamo per amore di Cristo: Siate riconciliati con Dio” (2 Corinzi 5:20).

Le conseguenze della fede salvifica. La “fede salvifica”, così, comporta necessariamente delle conseguenze positive, concrete ed osservabili nella vita di coloro che la possiedono.

La fede autentica produce di fatto opere buone a gloria di Dio. Il Signore chiama efficacemente i Suoi eletti, rigenerandoli, giustificandoli e salvandoli, proprio in vista di produrre quelle opere buone che Egli ha predisposto affinché essi specificatamente compiano: ...infatti siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo” (Efesini 2:10). È Dio, così, che prima salva e giustifica e poi opera attraverso i Suoi quello che Egli si è proposto. Sua è l’opera di giustificazione, Sua è la fede che Egli impartisce, Sue sono le opere che Egli produce attraverso di essa.

La fede autentica, inoltre, è sempre accompagnata da "altre grazie” o benefici immeritati che con essa ci vengono accordate. La Scrittura pure le definisce “opere della fede” o “il frutto dello Spirito” in quanto procedono dallo stesso Spirito. Esse sono: l’amore, la gioia, la pace, la pazienza, la benevolenza, la bontà, la fedeltà, la mansuetudine, l’auto-controllo (Galati 5:22-23). Paolo pure le identifica come le fatiche dell’amore” e “la costanza della speranza nel Signore Gesù Cristo” (1 Tessalonicesi 1:3). L’apostolo Pietro pure indica queste grazie come necessariamente “da aggiungere”  alla fede, vale a dire, la virtù, la conoscenza, l’auto-controllo, la pazienza, la pietà, l’affetto fraterno, l’amore (2 Pietro 1:5-7). Se queste “opere della fede” non si accompagnano ad essa, Giacomo considera la fede come “morta” (Giacomo 2:17). La fede autentica, inoltre, è tale da purificare il cuore” (Atti 15:9) da ciò che procede dal cuore umano naturale e lo contamina, vale a dire: pensieri malvagi, omicidi, adulteri, fornicazioni, furti, false testimonianze, maldicenze” (Matteo 15:18). La fede opera per mezzo dell’amore” (Galati 5:6), cioè stimola quegli atti d’amore verso Dio che costituiscono il sommario della legge di Dio. Essa è pure la fede che vince il mondo” (1 Giovanni 5:4), vale a dire quella che mette i cristiani in grado di fare o soffrire grandi cose per amore di Cristo. Questa è una fede "produttiva"!

 

Esposizione del testo

 

Esaminiamo così le espressioni del nostro testo di oggi.

1. “
A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo?” (14). "Se uno dice": questa frase determina l’interpretazione dell’intero brano. Giacomo rileva come vi siano persone che solo “dicono” di avere la fede, di essere credenti, mentre in realtà non ce l’hanno. Ingannano gli altri ed ingannano sé stessi. Per "fede" Giacomo intende in senso lato, rifendosi ad un qualsiasi grado di accoglienza delle verità dell’Evangelo.

Con "ma non ha opere": la forma del verbo usato nell’originale descrive qualcuno che continuamente non offre evidenza esterne della fede che egli regolrmente  vanta di avere. Per "opere": si riferisce a tutti quei comportamenti che scaturiscono dall’ubbidienza alla Parola rivelata di Dio ma, specificatamente, nel contesto, ad atti di compassione (v. 15). Non siamo noi, infatti, a definire che cosa debba intendersi per “opere”. Così come è la Parola di Dio a definire che cosa debba intendersi per “peccato”, è la stessa Parola di Dio a specificare quali opere Dio si aspetta da noi. Dio, infatti, non approva le nostre opere, né l’onore ed il culto reso alla Sua maestà a nostro capriccio, né opere che noi scegliamo arbitrariamente A loro proposito il Signore ci ha dato il Suo giudizio nel vangelo dicendo: Invano mi rendono il loro culto, insegnando dottrine che sono precetti d'uomini” (Matteo 15:9).

L’espressione "può la fede salvarlo" meglio tradotto: "può quel tipo di fede salvarlo?". Si parla infatti di quel tipo di fede che non è frutto dell’opera di Dio in noi e, di conseguenza, non produce i frutti che ci si aspetterebbero. Tuttavia, come abbiamo detto, non ci riteniamo affatto salvati dalle opere buone e non riteniamo neppure che esse siano tanto necessarie alla salvezza che nessun uomo si sia mai salvato senza di esse. Noi siamo salvati, infatti, per grazia e per il beneficio di uno solo, Gesù Cristo. Le opere sono necessariamente generate, prodotte, dalla fede e tuttavia la nostra salvezza viene attribuita loro solo in un certo senso, derivando essa veramente e propriamente dalla grazia, secondo questa ben nota espressione dell’apostolo: “Ma se è per grazia, non è più per opere; altrimenti, la grazia non è più grazia” (Romani 11:6).

2. “
Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, e uno di voi dice loro: «Andate in pace, scaldatevi e saziatevi», ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che cosa serve?” (15-16). Le opere di valenza sociale, la solidarietà verso i bisognosi, non esauriscono il contenuto delle opere che la fede salvifica necessariamente produce, ma costituiscono l’esempio più elevato e macroscopico dell’amore pratico che Cristo comanda ed esemplificava. E’, si può dire, l’evidenza più grande del prodotto della fede salvifica. Di Gesù, infatti, la Scrittura dice: ...come Dio abbia unto di Spirito Santo e di potenza Gesù di Nazaret, il quale andò attorno facendo del bene e sanando tutti coloro che erano oppressi dal diavolo, perché Dio era con lui” (Atti 10:38).

3. “
Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta” (17).  Proprio come qualcuno che affermi di essere compassionevole, ma non ne dimostra evidenza alcuna, non è credibile, così una fede che non si manifesti in opere, è una professione di fede falsa, non corrispondente alla realtà, non una fede salvifica autentica. L'aggettivi "morta" non significa che prima esistesse e poi è morta... ma che non c'è mai stata veramente!

4. “
Anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede»” (18). Chi è quell’"uno"? Non è chiaro se quel "uno" sia il modo umile di Giacomo per riferirsi a sé stesso o se si tratti di uno degli antagonisti di Giacomo che fanno obiezione al suo insegnamento, e quanto del testo seguente sia da attribuirsi a questo antagonista e non a Giacomo stesso. In ogni cado, il punto è lo stesso: l’unica possibile evidenza della vera fede sono le opere.

5. “
Tu credi che c'è un solo Dio, e fai bene; anche i demòni lo credono e tremano” (19). Quel “Tu credi che c’è un solo Dio” è un riferimento chiaro alla familiare confessione di fede di ogni ebreo: lo Shemà (Deuteronomio 6:4-5), la dottrina di base dell’Antico Testamento: Ascolta, Israele: Il SIGNORE, il nostro Dio, è l'unico SIGNORE. Tu amerai dunque il SIGNORE, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima tua e con tutte le tue forze”. Quando poi Giacomo dice: "i demoni lo credono". Non si tratta di una frase ad effetto, retorica. Di fatto, com’è chiaro, persino gli angeli decaduti affermano l’esistenza e l’unicità di Dio e tremano alle sue implicazioni. Non c’è nessuno più dei demòni che siano essenzialmente ortodossi nella loro dottrina (conoscono la verità!), ma sostenere una dottrina ortodossa di per sé non è prova d’avere una fede salvifica. Essi conoscono la verità su Dio, sul Cristo e sullo Spirito Santo, ma Dio loro lo odiano e non hanno alcuna intenzione di ubbidirgli. Dovranno certo piegarsi a Lui, ma questo à altra cosa e sarà a loro danno.

6. “
Insensato! Vuoi renderti conto che la fede senza le opere non ha valore?” (20). "Insensato" qui significa "vuoto", "difettoso". La sua pretesa è smascherata. Non si tratta si una fede autentica perché non si manifesta in opere conseguenti. Poi ancora Giacomo dice: la fede senza le opere non ha valore". Giacomo non mette qui a confronto due metodi di salvezza, ma mette a confronto due tipi di fede: una fede vivente che salva e una fede morta che non salva.

 

Conclusione

 

Gesù una volta aveva raccontato una parabola per illustrare in che modo una fede autentica riveli sé stessa attraverso il far del bene ad altri.  «Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, prenderà posto sul suo trono glorioso. E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri;  e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli della sua destra: "Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v'è stato preparato fin dalla fondazione del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste;  fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi".  Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto? O nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti?" E il re risponderà loro: "In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l'avete . a me". Allora dirà anche a quelli della sua sinistra: "Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli! Perché ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere; fui straniero e non m'accoglieste; nudo e non mi vestiste; malato e in prigione, e non mi visitaste".  Allora anche questi gli risponderanno, dicendo: "Signore, quando ti abbiamo visto aver fame, o sete, o essere straniero, o nudo, o ammalato, o in prigione, e non ti abbiamo assistito?" Allora risponderà loro: "In verità vi dico che in quanto non l'avete fatto a uno di questi minimi, non l'avete fatto neppure a me". Questi se ne andranno a punizione eterna; ma i giusti a vita eterna»" (Matteo 25:31-46).

Non si potrà mai abbastanza sottilineare che nessuno sarà mai salvato sulla base delle proprie opere. La salvezza è interamente per grazia: "...infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti" (Efesini 2:8-9). Se nostre opere potessero contrubuire anche solo in parte alla nostra salvezza, non si potrebbe più parlare di grazia.

Non si potrà neanche mai sottolineare abbastanza, come dichiara Giacomo nel brano di oggi, che "Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta" (Giacomo 2:17). Una fede autentica che trasforma, non solo dovrebbe ma di fatto produce opere buone, in particolare il ravvedimento e l’ubbidiente sottomissione alla signoria di Cristo. Questo è espressione della nuova natura creata nella nuova nascita (2 Corinzi 5:17). Certo, non sarà ubbidienza perfetta, ma le buone opere vi saranno sempre presenti. Potremmo dire che diventare cristiani non ci costi nulla, ma ci costerà tutto per vivere pienamente come cristiani.

 

Domande di verifica ed approfondimento 

 

1) Come definiresti la fede? 

2) Come spiegheresti ad un bambini che dobbiamo fare "buone opere"? 

3) Quali esempi Giacomo menziona per mostrare la futilità di una fede priva di opere conseguenti (vv. 15,16,19). In che modo dimostrano una fede morta? 

4) Pensi che Giacomo così provi il punto che vuole comunicare? 

5) Forse che Giacomo vuol dire che aiutare i poveri e dare da mangiare a chi ha fame è un requisito della propria salvezza? Come fai a saperlo? 

6) Che cosa intende Giacomo quandi afferma che "i demoni credono"? In che modo questo mette in evidenza la differenza fra fede morta ed autentica fede salvifica? (Testi da considerare: Matteo 8:29; Marco 5:7; Luca 4:41; Atti 19:15). 

7) In Matteo 25:31-46 in che modi Gesù spiega il rapporto esistente fra fede ed opere? In che modo il re è in grado di dustinguere chi suano i suoi veri sudditi? 

8) Leggi Efesini 2:8-10. Che altri si ouò apprendere qui del rappirti fra fede ed opere? 

9) Leggi Luca 19:1-10. Che cosa rivela questo episodii sulla natura della fede salvifica? 

10) Quali sono i pericoli di fare solo opere buone? Quali sono i pericoli di avere una fede solo intellettuale?

 



 

 

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