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Page history last edited by Paolo E. Castellina 4 years, 5 months ago

Lezione 2-2 < > Lezione 3-1


Un dono dal cielo - La necessità della Bibbia - Una serie di 25 lezioni sull'insegnamento della fede cristiana che si basa completamente sulla Bibbia, e inteso per principianti, per aiutarli a comprendere il dono più grande che abbiamo ricevuto da Dio


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Pregare, ma come?

 

In che modo si deve pregare? Non si tratta di una domanda che possa interessare solo coloro che non hanno mai pregato e non hanno idea di come si faccia. Anche coloro che pregano abitualmente, talvolta, non sanno come pregare o per che cosa pregare.


 

Nel pregare dobbiamo usare belle parole?

Vi sono preghiere che Dio non ascolta. Perché no? Forse perché non preghi in modo accettabile o corretto? Forse che la preghiera non era formulata abbastanza bene? Hai forse chiesto a Dio qualcosa che non era secondo la Sua volontà? Era forse perché la tua preghiera non era bene impostata che Dio non ti ha dato ciò che avevi chiesto? Potresti avere chiesto troppo? Per avere delle risposte a queste domande, rivolgiamoci alla Bibbia. Essa ti farà ben presto capire che nel pregare non importa la forma. Luca, per esempio, ci parla di uno dei criminali crocifissi con Gesù che rivolge a Lui una preghiera. Forse che la sua preghiera è formulata con prosa elegante e ricercata? No, non è più che un grido: “Gesù, ricordati di me”. La risposta che riceve è molto di più di quanto mai potesse aspettarsi per “una preghiera così”. Gesù gli dice: “Oggi tu sarai con me in paradiso”. Sì, Gesù lo accompagnerà personalmente nei cieli!

Che la forma in cui è impostata la preghiera non importi, è chiaro pure dalla parabola del Fariseo e del pubblicano (Luca 18:9-14). I Farisei erano uomini che si attenevano molto strettamente ai precetti ed alle leggi del Giudaismo. Pensavano che Dio così sarebbe stato soddisfatto di loro. Alcuni di loro erano persone pie solo esteriormente perché segretamente erano tutt'altro. Gesù li chiama ipocriti, ma la maggior parte della gente li onorava per la loro “santità”. Erano esattamente l'opposto dei pubblicani. I pubblicani erano esattori delle tasse al servizio delle forze romane di occupazione. Erano guardati con disprezzo dalla gente e persino odiati. Certo è che la maggior parte di loro erano corrotti. Cercavano di arricchirsi velocemente a spese della gente. La preghiera del pubblicano in Luca 18, anche questa volta, non è più che un grido: "O Dio, abbi pietà di me, peccatore!" (Luca 18:13). Il Fariseo, da parte sua, aveva certamente formulato una preghiera impeccabile dal punto di vista formale. Egli pensava di sapere che cosa dovesse essere una preghiera. Dio, però, non aveva voluto ascoltarla, anzi, aveva molto gradito, piuttosto, quella del pubblicano. Vediamo così come lo stesso Gesù metta in rilievo il fatto che una preghiera che voglia essere udita da Dio non dipenda dalla sua formulazione elegante e ricercata, e nemmeno dalla quantità di parole usate.

 

Gesù insegna i suoi discepoli a pregare

 

Dai vangeli sembra che persino i discepoli di Gesù non fossero così sicuri su come dovessero pregare. Una volta, infatti, Gli chiedono: “Signore, insegnaci a pregare”. Gesù, così, insegna loro la preghiera che noi conosciamo come il “Padre nostro”. Potrai trovare questa preghiera in Matteo 6:9-13. In una delle prossime lezioni tratteremo più approfonditamente di questa preghiera. In questa lezione considereremo solo come la preghiera di Gesù consista di sei richieste. Nelle prime tre non chiediamo nulla per noi stessi, ma preghiamo affinché la gloria di Dio possa manifestarsi sulla terra. Essa indirizza la nostra attenzione al Nome di Dio, al Suo Regno, ed alla Sua volontà. Solo dopo giungiamo a tre richieste in cui chiediamo qualcosa per noi stessi. Già nella sequenza in cui questa preghiera è impostata, noi riceviamo un'importante lezione sulla preghiera.

 

La preghiera nell'Antico Testamento

 

Nel libro dell'Esodo troviamo come Mosè riceva istruzioni su come costruire una tenda (un tabernacolo) per il culto di Dio. Questa tenda era divisa in due parti. Nella parte più interna era posto uno scrigno dorato chiamato “Arca del Patto”. Nell'arca erano contenute due tavolette di pietra sulle quali Dio aveva scritto la Sua legge. Lo scrigno era coperto dal “propiziatorio”. Fuori, di fronte alla tenda, c'era l'altare sul quale erano bruciati i sacrifici. Se un Israelita aveva la consapevolezza d'aver peccato contro i Comandamenti di Dio, questi portava all'altare un animale da sacrificare. Questo animale, un agnello, per esempio, veniva ucciso e poi bruciato parzialmente o completamente. Con questo gesto, il peccatore intendeva esprimere qualcosa del genere: “Signore, io merito la morte per quanto ho commesso, ma ti prego di accettare, al posto mio, questa offerta”.

 

Una volta all'anno uno dei capi sacerdoti, o il sommo sacerdote, entrava nella parte più interna della tenda portando del sangue proveniente dai sacrifici. Lo spruzzava poi sul propiziatorio che copriva lo scrigno contenente le tavole della legge. Il sangue dell'animale, così, “copriva” i peccati, le trasgressioni alla legge di Dio. Certamente l'Israelita era consapevole che questi gesti fossero solo simbolici, sapeva che il sangue di un animale non poteva salvarlo di fronte a Dio. Puoi leggere di questo nel Salmo 51:18,19 e in Ebrei 10:1-7. fra l'altare di fronte alla tenda e l'arca, si trovava un altro altare, chiamato l'altare dell'incenso. Ogni giorno un sacerdote entrava nel tabernacolo con dell'incenso, lo offriva a Dio, e pregava. Il fumo che usciva dall'incenso simboleggiava la preghiera (vedi anche Apocalisse 8:3,4).

La preghiera, quindi, è una sorta di sacrificio rivolto a Dio. Deve ascendere a Dio come il fumo delle offerte d'incenso. Deve essere un presentare noi stessi a Dio. Possiamo farlo? Potrebbe un peccatore presentare sé stesso a Dio? Sì, perché prima si faceva la confessione dei peccati con l'offerta bruciata e solo dopo il sacerdote presentava l'incenso fumante. In questo modo Iddio era presente con il Suo perdono.

 

Preghiera e confessione di peccato vanno assieme

 

Il criminale sulla croce presentava a Gesù la sua preghiera. Che cosa aveva fatto, però, prima? Aveva confessato la propria colpevolezza e poi aveva espresso la sua fede nell'innocenza di Gesù, e solo dopo ne era seguita la preghiera che riconosceva Gesù come Re. Ne abbiamo parlato nella lezione precedente. Nel Salmo 25 il poeta confessa prima i suoi peccati, poi loda la fedeltà di Dio e, finalmente, prega per sé stesso. L'ordine di questi elementi, ovviamente, non è importante. Il punto qui è che una preghiera priva del riconoscimento della nostra colpevolezza, è impossibile.

Gesù, inoltre, ci insegna a pregare nel Suo Nome. Che cosa questo voglia dire, lo vediamo chiaramente nell'Antico Testamento. L'agnello, sacrificato dall'Israelita, per mezzo del quale egli confessava i suoi peccati, è simbolo de “l'Agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo” (Giovanni 1:36). Gesù, che offre Sé stesso sulla croce, muore per i nostri peccati. Di fatto noi meriteremmo di essere respinti da Dio per sempre, ma Cristo muore al posto nostro. Come il sangue spruzzato sul propiziatorio copriva i peccati degli Israeliti, così i nostri peccati sono coperti dal sangue di Gesù Cristo. La preghiera nel nome di Cristo, in questo modo, significa confessare e credere che Egli abbia pagato per i nostri peccati. Colui che prega nel nome di Gesù, riconosce e confessa i propri peccati e crede nel tempo stesso che egli sia stato liberato dalla sua colpa. In tal caso, la forma non importa. Ciò che importa è che noi ci rammentiamo che Iddio udrà la nostra preghiera solo se riconosciamo la nostra colpevolezza dinnanzi a Lui. Iddio non respingerà mai una preghiera di perdono. Quando ci troviamo nei guai, quando siamo pieni di preoccupazioni, o quando siamo nella sofferenza, possiamo andare a Lui e “nasconderci” in Lui. Questo è ciò che troviamo espresso all'inizio di molti salmi (ad es. Salmo 46; 90; 91). Se sai di non essere più sottoposto all'ira di Dio perché il prezzo dei tuoi peccati è stato pagato, comincerai a sentirti a tuo agio con Lui e ti volgerai a Lui senza timore.

 

Possiamo chiedergli qualsiasi cosa

 

Tutti coloro che vanno a Dio in questo modo, riceveranno il Suo aiuto. Egli lo ha promesso. Ecco così che il fatto se la tua preghiera sia o non sia udita, non dipende dalla forma in cui la esprimi – grazie a Dio – ma sul suo contenuto. Come un figlio esprime parla a suo padre facendogli conoscere le sue necessità, così lo possiamo fare con Dio. Forse però che riceviamo veramente tutto ciò che chiediamo? Mettiamola in un altro modo: forse che un figlio riceve da suo padre tutto ciò che gli domanda? Come un figlio non può sempre giudicare che cosa sia buono per lui, così non possiamo giudicare ciò che sia buono per noi dalla prospettiva di Dio. D'altro canto, il nostro Padre nei cieli sa che cosa sia bene per noi.

Possiamo portare liberamente tutte le nostre necessità a Dio. Possiamo chiedergli qualsiasi cosa (Filippesi 4:6). Ciò di cui abbiamo bisogno, però, talvolta è totalmente diverso da ciò pensiamo di avere bisogno. Anche Paolo lo aveva dovuto ammettere. Egli era stato incarcerato a Roma. Aveva pregato per poter essere liberato, ma Dio aveva agito in modo diverso. Iddio lascia così Paolo in prigione cosicché l'Evangelo sia predicato in luoghi che altrimenti non si sarebbero mai potuti raggiungere (Filippesi 1:12-14; Atti 28). Paolo ammette che Dio sappia meglio di lui ciò che è bene. E' pure così al riguardo della preghiera che Iddio non esaudisce a proposito del problema fisico di cui egli soffriva [ne abbiamo già parlato in precedenza]. Un Paolo forte e sicuro di sé stesso non sarebbe stato uno strumento adatto per predicare l'Evangelo. Doveva essere un Paolo debole, strano per quanto ci possa sembrare.

 

Possiamo chiedere a Dio qualsiasi cosa, e dobbiamo aspettarci tutto da Lui. Egli può fornirci la guarigione quando siamo ammalati, aiutarci quando siamo in difficoltà, trovarci un lavoro quando siamo disoccupati, darci pace quando siamo minacciati, ...in breve, tutto!

 

Come può essere?

 

Che cosa sappiamo dei piani di Dio? Leggi il racconto commovente del martirio di Stefano in Atti 6 e 7. Ecco l'uomo giusto che Dio avrebbe potuto usare per predicare l'Evangelo. Eppure Iddio permette che egli venga lapidato a morte. Oltre a tutto, un uomo che più tardi sarebbe stato chiamato Paolo, assiste all'esecuzione. Come può essere tutto questo? Noi risponderemmo: “Leggi il capitolo successivo” (Atti 8:4). E' precisamente a causa della diffusione della persecuzione che l'Evangelo ancor più si diffonde. Saulo (Paolo) viene fermato da Dio sulla strada di Damasco e per così dire “trascinato” da Dio a predicare l'Evangelo (1 Corinzi 9:16). Ecco come opera Iddio, ecco come Dio fa le cose!


 

Domande di revisione

 

La Bibbia è un miracolo

  1. Oltre a Paolo e Giovanni, puoi fare il nome di alcuni autori biblici di lettere?

  2. Puoi fare il nome di alcuni scrittori biblici dell'Antico Testamento?

  3. Questa lezione cita alcuni esempi sull'unità delle Scritture. Quali?

La caduta nel peccato

  1. Che cosa si intende per “albero della vita”? (Genesi 2:9; 3:22),

  2. In questa lezione si parla molto di “peccato”. Puoi dimostrare dalla Bibbia che cosa si intende per “peccato”?

  3. Qual è la natura reale del peccato di Adamo?

Pregare, ma come?

Leggi il Salmo 32:1-5 e cerca di rispondere alle seguenti domande:

  1. Che cosa dice il poeta nei versetti 1 e 2?

  2. Perché l'autore aveva così tante difficoltà?

  3. Quand'è che la sua colpa è stata perdonata?

 

(2. continua)

 

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