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Page history last edited by Paolo E. Castellina 13 years, 3 months ago

Disciplina e credibilità intellettuale

 

1 "Io, Paolo, vi esorto per la mansuetudine e la mitezza di Cristo, io, che quando sono presente tra di voi sono umile, ma quando sono assente sono ardito nei vostri confronti, 2 vi prego di non obbligarmi, quando sarò presente, a procedere arditamente con quella fermezza con la quale intendo agire contro taluni che pensano che noi camminiamo secondo la carne. 3 In realtà, sebbene viviamo nella carne, non combattiamo secondo la carne; 4 infatti le armi della nostra guerra non sono carnali, ma hanno da Dio il potere di distruggere le fortezze, poiché demoliamo i ragionamenti 5 e tutto ciò che si eleva orgogliosamente contro la conoscenza di Dio, facendo prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a Cristo; 6 e siamo pronti a punire ogni disubbidienza, quando la vostra ubbidienza sarà completa" (2 Corinzi 10:1-6).

 

Fare parte della chiesa cristiana, secondo l'insegnamento biblico, significa anche accettarne la disciplina, i cui princìpi pure esso stabilisce​​​​​​​. La comunità cristiana locale, infatti, deve avere regolamenti che ne diciplinano non solo l'organizzazione, ma anche la vita morale di chi ne fa parte. Oggi si è particolarmente "allergici" a questi concetti, ma lasciare le cose al caso, alla "volontarietà", alla libertà, alla convenienza del momento, all'arbitrio di pochi o dei molti, in una parola, all'indeterminatezza soggettiva, non e coerente con lo spirito e la norma biblica. L'Apostolo, infatti, scrive: "Dio non è un Dio di confusione ... Ogni cosa sia fatta con dignità e con ordine" (1 Corinzi 14:33,40). L'abuso della disciplina verificatosi nel passato o nel presente nella vita della chiesa, non deve portarci a negarne l'uso legittimo.

 

È per altro vero che l'esercizio della disciplina (riprendere ed eventualmente comminare sanzioni disciplinari) sia tutt'altro che facile per i responsabili della comunità che la devono amministrare. Può essere più facile riprendere qualcuno attraverso una lettera, piuttosto che faccia a faccia. L'Apostolo stesso lo ammette: di persona era "umile", non era nel suo carattere alzare la voce o affrontare con forza polemica degli avversari. Era nei suoi scritti che egli denunciava con con maggiore forza ("con ardore" e fermezza) situazioni negative. Obbligato, però, dalle circostanze, avrebbe sicuramente ripreso direttamente gli elementi di disturbo delle comunità. Di questo potevano starne sicuri: non avrebbe taciuto né si sarebbe fatto intimidire. È come se qui dicesse: "Sono buono e caro, ma di questo non abusatene perché, quando è necessario, so anche affrontare direttamente e con fermezza chi commette abusi". Paolo lo aveva fatto anche con Pietro: "...quando Cefa venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare" (Galati 2:11).

 

Coloro che criticavano l'Apostolo (quelli che si erano intrufolati nella comunità di Corinto influenzandone i membri) dicevano che lui, nel riprenderli indirettamente attraverso le sue lettere, "camminava secondo la carne", vale a dire, non faceva altro che usare i metodi polemici di questo mondo, a loro avviso un modo "debole"! Essi vantavano, infatti, a motivo delle straordinarie esperienze che dicevano d'aver fatto ("visioni e rivelazioni del Signore", 12:1), di essere "spirituali".  Vantavano di avere un ministero in cui si manifestava, a loro dire, la potenza dello Spirito ("miracoli, prodigi, opere potenti", 12:12). Tutto questo indubbiamente impressionava la comunità di Corinto, che riteneva cosi di essere spiritualmente "arrivata" ad essere quel che il Signore si aspettava da loro ["Già siete sazi, già siete arricchiti, senza di noi siete giunti a regnare!" (1 Corinzi 4:8)].  Secondo loro, Paolo, nel suo modo di fare, aveva adottato le strategie di questo mondo, mentre essi pretendevano di combattere la loro causa con le armi dello spirito, molto più efficaci, a loro dire, dei metodi poveri ed inefficaci e persino "codardi" che Paolo usava per portare avanti il suo ministero. Come risponde egli a tutto questo?

 

Egli risponde prima di tutto con un'esortazione, un ammonimento non in forma di comando ma di richiesta​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​: "Io, Paolo, vi esorto... vi prego...". Egli avrebbe avuto l'autorità di esigere ubbidienza, ma sceglie di non farlo. Paolo esorta con "la mansuetudine e la mitezza di Cristo" (10:1). Era stato accusato di "cercare di spaventare" i Corinzi con le sue lettere (v. 9), così egli li rassicura come egli si accosti a loro con la mitezza insegnata da Cristo, una disposizione gentile ed amichevole, [Gesu dice infatti: "io sono mansueto e umile di cuore" (Matteo 11:29)]. Paolo non solo lo manifesta, ma lo insegna costantemente: "La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini" (Filippesi 4:5). Questo non esclude, però, che, quando è necessaria ed inevitabile, non vi debba essere la necessaria severità e fermezza, come a dire "Quando ci vuole ci vuole". Quando Paolo li incontrerà di persona la prossima volta essi conosceranno il suo "ardire" perché sarà costretto ad usarlo.

 

L'Apostolo riconosce che, fino ad un certo punto, è vero, "viviamo nella carne": è l'esistenza umana di ogni giorno, mondana, con tutte le sue frustrazioni, limiti, prove e tribolazioni. Questo, però, non significa necessariamente vivere "secondo la carne", nello "stile" di questo mondo, né che lui si avvalesse dei metodi, delle astuzie, delle trappole senza scrupoli che il mondo utilizza per "distruggere gli avversari" (ad esempio la diffamazione)​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​ all'insegna del "il fine giustifica i mezzi". Non potrebbe essere altrimenti, perché, come l'Apostolo afferma nella lettera agli Efesini, "il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti" (Efesini 6:12).

 

Per un tale combattimento sono necessarie armi del tutto speciali ad esso conformi, armi che abbiano "il potere di distruggere le fortezze", e non sono quelle che i critici di Paolo pretendono di avere! L'apostolo non specifica qui di che cosa si tratti, quali siano queste "armi", ma lo spiega in altre lettere. Esse includono un vivo senso del dovere, l'affermazione pronta e senza riserve della verità della Parola di Dio, fede incrollabile, e soprattutto la preghiera perseverante, arma spirituale davvero ineguagliabile. Queste armi sono in grado di "distruggere le fortezze", le difese fortificate del nemico.

 

Fra le "difese fortificate" del nemico da demolire vi sono "i ragionamenti" della filosofia e della retorica, quella che crea sistemi, concezioni del mondo e della vita, dove il Dio vero e vivente che si rivela in Cristo e nel complesso delle Sacre Scritture è semplicemente estromesso, non vi trova spazio. Come sperano di affrontare tutto questo "gli spirituali" di Corinto? Forse con manifestazioni estatiche ed irrazionali, quelle di cui si tanto si vantano? Sarebbero completamente inefficaci, anzi, si esporrebbero solo al dileggio, al ridicolo. I "ragionamenti che si oppongono alla conoscenza di Dio" vanno affrontati con le argomentazioni di una sapienza maggiore fondata sulla Parola di Dio, sui fatti della rivelazione letti con diversi presupposti, quelli della concezione biblica del mondo e della vita, l'unica davvero fondata.

 

Le concezioni del mondo che estromettono il Dio vero e vivente, infatti, non stanno in piedi, sono piene di contraddizioni e di incoerenze e devono essere smascherate per quello che sono fino a "fare prigioniero ogni pensiero per renderlo ubbidiente a Cristo". È il compito dell'apologetica cristiana che sfida il pensiero non sottomesso a Dio per dimostrare tutta la sua insensatezza. Paolo paragona qui il pensiero umano a dei soldati nemici fatti prigionieri di guerra. Una volta che i bastioni delle cittadelle nemiche sono travolti e demoliti, i soldati conquistati sono catturati e costretti a sottomettersi. È così che il pensiero umano che pretende autonomia da Dio deve essere portato all'ubbidienza di Cristo, la Parola, il logos per eccellenza. Non solo quindi "le emozioni" e "la spiritualità* sono essenziali per la fede cristiana, ma pure lo è "la mente", che è di cruciale importanza.

 

Il "modo di pensare", sorgente di ogni comportamento, deve essere portato ad ubbidire a Cristo, con la forza del ragionamento, della persuasione, reso efficace dallo Spirito Santo. Certo, non sono i nostrio "ragionamenti" che convertiranno la gente a Cristo, ma l'azione sovrana ed efficace dello Spirito di Dio. Lo Spirito di Dio, però, sceglie di avvalersi della parola umana, del pensiero ubbidiente a Cristo, proprio per demolire l'arroganza del pensiero auonomo, così come l'evangelizzazione portata avanti dai figlioli di Dio è lo strumento che Dio ha scelto di usare per convertire dei peccatori e riconciliarli a Sé. La chiesa cristiana, così è chiamata da Dio stesso a sviluppare una filosofia sottomessa a Dio ed alla Sua Parola, rigorose fondamenta teologiche che possano dare alla chiesa, di fronte al mondo, credibilità intellettuale. Iddio promette che essa sarà un'arma irresistibile nelle mani di cristiani impegnati a confrontarsi con il mondo.

 

L'Apostolo ha a disposizione, e questo offre alle chiese, un arsenale divino potente del quale egli sicuramente farà uso quando sarà personalmente a confronto con i suoi critici e "piantagrane" di Corinto e con esso "punirà" ogni disubbidienza, cioè, con esso egli avrà la sua sicura rivincita sulla presuntuosa ed ostinata indisponibilità di udire l'Evangelo autentico e di sottomettervisi. I suoi critici avevano sovvertito l'Evangelo, ma la loro versione dell'Evangelo non potrà resistere perché Paolo sarà in grado di rilevarne le incongruenze e di smontarla pezzo per pezzo per far prevalere la sua interpretazione autentica. Il suo sarà un approccio severo ed efficace ed i suoi avversari non potranno che risultarne svergognati. Sarà questa la loro "punizione".

 

L'Apostolo, così, non ha timore, per un malinteso "amore di pace", denunciando abusi ed errori, di essere incisivo e diretto, per amore della verità e, sicuramente, per amore dei cristiani di Corinto, la chiesa di Cristo, per il loro bene. Avranno in seguito il motivo di comprendere la correttezza dell'approccio di Paolo al loro problema, e di rallegrarsene.

 

Preghiera. Signore Iddio, ti ringrazio perché Tu sei un Dio d'ordine e non di confusione. Ti prego di aiutarmi, vincendo la mia superficialità ed arroganza, di rendere pure ordinata la mia vita, il mio pensiero e comortamento, affinché con la chiarezza intellettuale ed una vita irreprenibile, io possa sfidare le pretese del mondo di poter fare senza di Te e chiamare al ravvedimento ed alla salvezza i miei contemporanei. Amen.

 

 

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