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giacomo06

Page history last edited by Paolo E. Castellina 11 years, 5 months ago

Indice -  Quinta parte - Settima parte

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6. Favoritismo nella chiesa?

(Giacomo 2:1-13)

Con quale criterio giudichiamo gli altri e in che modo li trattiamo? Non è insolito, neanche nelle comunità cristiane, che noi consideriamo con maggiore deferenza, accordando loro “posti di onore”, coloro che, nella società particolarmente sono “persone che contano”. Se li incontriamo, da tale conoscenza pensiamo di trarne qualche vantaggio personale.

Stampa, radio e televisione mettono in evidenza quelle che considerano “le celebrità”. Possono essere i personaggi popolari del mondo dello spettacolo, che tutti applaudono e vanno a vedere, persino quando passano per strada, e magari chiedendo loro autografi. Sono  i campioni dello sport, i personaggi eminenti della politica o della religione, gli ”ereditieri” di grandi fortune, persone ricche ed influenti. Li guardiamo con invidia ed ammirazione e, se li incontriamo, corriamo a stringere loro la mano: il solo toccarli o conservarne, per così dire, “una reliquia” a molti sembra “portare bene”. Conoscere queste personalità diventa così per noi “un onore”, persone di cui vantarci con gli amici e che magari potrebbero farci delle “raccomandazioni”, per noi o per i nostri familiari, desiderosi come siamo di condividere un poco della loro fama, denaro, influenza e posizione.

Molti fra questi personaggi sono "costruiti ad arte" dagli esperti dei mass-media e del marketing, altri sono moralmente "discutibili", ma sicuramente fra di loro sono persone brave e meritevoli. Ci domandiamo, così: Se un giorno una di queste celebrità entrasse inattesa una domenica fra di noi, in chiesa, quando siamo riuniti per il culto, come reagiremmo?

E’ questa la situazione alla quale si rivolge il testo biblico che studiamo oggi, nella lettera di Giacomo, al capitolo 2, dal versetto 1 al versetto 13.

Il testo di Giacomo tratta dell’argomento del favoritismo. A chi, come cristiani, accordiamo una posizione di favore? Per quale motivo? Chi sono quelli a cui Dio in Cristo accorda una posizione di favore? Quando Dio lo fa, potrebbe Lui essere accusato di “favoritismo”? E inoltre, come si conciliano le scelte di Dio con le proibizioni che Egli stesso ci fa, del non avere “riguardi personali”, del favoritismo? Inoltre, il messaggio biblico sostiene forse il concetto di imparzialità, il non fare discriminazioni, l’egualitarismo che oggi tanto viene sottolineato nella cultura a noi contemporanea?

 

Il testo biblico

 

1 Fratelli miei, la vostra fede nel nostro Signore Gesù Cristo, il Signore della gloria, sia immune da favoritismi. 2 Infatti, se nella vostra adunanza entra un uomo con un anello d'oro, vestito splendidamente, e vi entra pure un povero vestito malamente, 3 e voi avete riguardo a quello che veste elegantemente e gli dite: «Tu, siedi qui al posto d'onore»; e al povero dite: «Tu, stattene là in piedi», o «siedi in terra accanto al mio sgabello», 4 non state forse usando un trattamento diverso e giudicando in base a ragionamenti malvagi? 5 Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto quelli che sono poveri secondo il mondo perché siano ricchi in fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano? 6 Voi invece avete disprezzato il povero! Non sono forse i ricchi quelli che vi opprimono e vi trascinano davanti ai tribunali? 7 Non sono essi quelli che bestemmiano il buon nome che è stato invocato su di voi? 8 Certo, se adempite la legge regale, come dice la Scrittura: «Ama il tuo prossimo come te stesso», fate bene; 9 ma se avete riguardi personali, voi commettete un peccato e siete condannati dalla legge quali trasgressori. 10 Chiunque infatti osserva tutta la legge, ma la trasgredisce in un punto solo, si rende colpevole su tutti i punti. 11 Poiché colui che ha detto: «Non commettere adulterio», ha detto anche: «Non uccidere». Quindi, se tu non commetti adulterio ma uccidi, sei trasgressore della legge. 12 Parlate e agite come persone che devono essere giudicate secondo la legge di libertà. 13 Perché il giudizio è senza misericordia contro chi non ha usato misericordia. La misericordia invece trionfa sul giudizio”. (2:1-13).

 

Chiariamo i termini

 

Vediamo prima di  tutto di chiarire il significato, nella lingua italiana, di acuni termini rilevanti. Prima di tutto: parzialità.

La parzialità
è il fatto di essere parziale nel giudicare e nell’agire, cioè non equo e obiettivo e anche la disposizione d’animo parziale, per abitudine o in singoli casi, come nelle espressioni: “è evidente la sua parzialità”, “dimostrare parzialità verso qualcuno”, “essere mosso, animato da parzialità”. “accusare di parzialità”; giudizio, decisione che pecca di parzialità. “Non faccio parzialità per nessuno”. Vuol dire pure parteggiare per una fazione e favorirla, privilegiare una categoria di persone rispetto ad altre. Parzialità potrebbe implicare pure, in negativo, una palese discriminazione, da cui:

Discriminazione:
il fatto di discriminare o di essere discriminato; distinzione, diversificazione o differenziazione operata fra persone, cose, casi o situazioni: fare, come nelle espressioni: “non fare discriminazioni”; “per me i concorrenti sono tutti uguali”, “senza discriminazioni d’età,di sesso, di colore o di posizione sociale”, “giudicare con imparzialità, senza discriminazioni”; più in particolare discriminazione politica, razziale, etnica, religiosa, diversità di comportamento o di riconoscimento di diritti nei riguardi di determinati gruppi politici, razziali, etnici o religiosi. Al contrario, adottare, seguire un criterio di non discriminatori, applicare uno stesso modo di comportamento o di trattamento per tutti i componenti di un gruppo senza tener conto di eventuali differenze.

Discriminare”, però, non è automaticamente sbagliato, ed è accostabile a “discernere”. Di fatto noi “discriminiamo” ogni giorno scegliendo i cibi che mangiamo e dove li compriamo, i programmi che guardiamo alla televisione e su quale canale, come pure gli amici che ci facciamo (non siamo, di fatto “amici di tutti”, e non lo potremmo essere). Abbiamo tutti dei criteri con i quali giudichiamo che cosa sia accettabile e che cosa no. Giustamente facciamo discriminazioni contro, ad esempio, i molestatori di bambini, anche quelli potenziali, e certo non li lasciamo avvicinare dai nostri figli senza stretta supervisione. Discriminiamo fra onesti e disonesti, quando abbiamo bisogno di loro e ci provvedono un servizio.

Noi abbiamo pure il dovere di discernere e discriminare varie concezioni teologiche esistenti che contraddicono la Bibbia, come pure il dovere di non offrire a chi le sostiene occasione di diffondere ciò che riteniamo sbagliato e dannoso.

Anche Dio giustamente discrimina quando afferma nella Sua Parola che a certe categorie di persone non sarà permesso di entrare nel Suo regno: Ma per i codardi, gl'increduli, gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda” (Apocalisse 21:8). La legge morale di Dio contenuta nella Sua legge, infatti, precisa esattamente quali siano i criteri per i quali Dio concederà di essere in comunione con Lui: ...sappiamo anche che la legge è fatta non per il giusto ma per gl'iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e gl'irreligiosi, per coloro che uccidono padre e madre, per gli omicidi, per i fornicatori, per i sodomiti, per i mercanti di schiavi, per i bugiardi, per gli spergiuri e per ogni altra cosa contraria alla sana dottrina” (1 Timoteo 1:9-11). Senza ravvedimento e santità, infatti, nessuno vedrà il Signore: (Ebrei 12:14).

Tutto questo non pregiudica, anzi qualifica, ciò che la Scrittura indica sulla Sua imparzialità di Dio. E’  un tema che ricorre tutt’attraverso la Scrittura. Dio è assolutamente imparziale quando tratta con le Sue creature. Come con gli altri Suoi attributi, però, Egli è diverso da noi, non è equiparabile a noi. Gli esseri umani (compresi i cristiani) sono naturalmente inclini ad essere parziali. Tendiamo, infatti, a classificare le persone, a metterle in categorie predeterminate a seconda di come appaiono esteriormente, per la loro razza o etnia, la loro condizione sociale, classe di appartenenza o casta, personalità, intelligenza, ricchezza o potere, dal tipo di auto che guidano, dalla causa che possiedono o dal quartiere in cui vivono. Queste cose, però, per Dio non hanno importanza, per Lui non sono significative: altre sono le Sue discriminazioni, e si tratta di discriminazioni giuste. Dio considera il cuore di una persona. La Sua giustizia ed il Suo amore sono imparziali. Vuole che noi facciamo lo stesso. Come si vede, il concetto di imparzialità è relativo. E’ un concetto che deve essere qualificato.

 

Il testo biblico di oggi

 

L’epistola di Giacomo è molto pratica, tratta maggiormente della vita di tutti i giorni che di teologia e dottrina. Nel brano che esaminiamo quest’oggi, egli mette in rilievo come fare parzialità sia un altra sorta di test che serve per verificare la fede cristiana autentica da una difettosa o falsa. Giacomo si focalizza nel testo sulle discriminazioni sociali ed economiche. Indubbiamente queste questioni “facevano problema” nella chiesa antica ed erano rilevanti per i cristiani d’origine ebraica “disperse per il mondo (1:1).

Giacomo presenta cinque caratteristiche dell’imparzialità a cui Dio ci chiama:

  1. Il principio (v. 1),

  2. l’esempio (vv. 2-4),

  3. l’incoerenza (vv. 5-7),

  4. la violazione (vv. 8-11),

  5. l’appello (vv. 12-13).

 

1. Il principio

 

1 “Fratelli miei, la vostra fede nel nostro Signore Gesù Cristo, il Signore della gloria, sia immune da favoritismi” (1).

Qui, per “fede” si intende non l’atto del credere, ma l’intera fede cristiana, la quale ha come punto focale il Cristo. E’ il senso che le dà Giuda quando ci esorta a a combattere strenuamente per la fede, che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre” (3). La “fede” che la Scrittura ci presenta non è una semplice credenza privata, ma, per essere autentica, deve incidere su tutto il nostro modo di essere: modo di pensare, di parlare e di agire. Il modo con il quale ci rapportiamo con gli altri deve essere coerente con la nostra fede. In particolare, per quanto riguarda le nostre “preferenze” sociali, dobbiamo riflettere il modo di agire di Dio come riflesso nella vita del Signore Gesù Cristo, com’è presentato e spiegato nel Nuovo Testamento ed attraverso l’intera Bibbia.

Il Signore Gesù Cristo viene definito qui: “il Signore della gloria”, perché Lui rivela la gloria, la maestà e lo splendore di Dio. Persino gli avversari di Gesù riconoscevano, nel nostro caso, la Sua imparzialità: Maestro, noi sappiamo che sei sincero e insegni la via di Dio secondo verità, e non hai riguardi per nessuno, perché non badi all'apparenza delle persone” (Matteo 22:16). La Sua stessa incarnazione mostra come Egli non avesse privilegiato “le persone che contano” nella società del Suo tempo. Lo si vede nella Sua stessa genealogia, la sua scelta dell’umile villaggio di Nazareth come residenza per 30 anni, la Sua disponibilità ad operare in Galilea ed in Samaria, regioni disprezzate dai leader religiosi del tempo, il Suo interesse per il riscatto degli ultimi e gli emarginati della società, come donne, disabili, lebbrosi; la morte che Egli subisce in croce come uno schiavo privo della stessa dignità umana.

Nel libro degli Atti si racconta che l’apostolo Pietro e gli altri, portati di fronte ad un tribunale ed accusati di confondere la mente del popolo, si difendono con coraggio e con un’eloquenza insolita per gente così poco istruita come loro. Il racconto dice: Essi, vista la franchezza di Pietro e di Giovanni, si meravigliavano, avendo capito che erano popolani senza istruzione; riconoscevano che erano stati con Gesù” (Atti 4:13). E noi, gli altri riconoscono che siamo discepoli di Gesù di Nazareth?

 

2. L’esempio

 

Infatti, se nella vostra adunanza entra un uomo con un anello d'oro, vestito splendidamente, e vi entra pure un povero vestito malamente, e voi avete riguardo a quello che veste elegantemente e gli dite: «Tu, siedi qui al posto d'onore»; e al povero dite: «Tu, stattene là in piedi», o «siedi in terra accanto al mio sgabello», non state forse usando un trattamento diverso e giudicando in base a ragionamenti malvagi?” (2-4).

L’assemblea cristiana è qui chiamata “adunanza”, termine che traduce l’originale “sinagoga”. Nei primi tempi, prima che ne fossero espulsi come una sétta estranea ed avversa al Giudaismo, i cristiani (prevalentemente di origine israelita) si radunavano nelle locali sinagoghe. La comunità cristiana viene così indicata, in questo periodo di transizione, sia con questo termine generale che con normale il termine greco corrispondente, “chiesa” (letteralmente: “convocazione”, cfr. 5:14).

Si pone il caso che inaspettato, nella riunione, entri un uomo con un anello d’oro” (v. 2). Sebbene gli israeliti portassero anelli, pochi si potevano permettere anelli d’oro. Vi erano, però, coloro che ostentavano le loro ricchezze portando anelli ad ogni dito meno che il medio. Pare che vi fossero persino agenzie che affittassero anelli. Quest’uomo è pure:Vestito splendidamente” (v. 2). Il termine originale indica vesti sontuose, luccicanti, di tessuto pregiato e riccamente decorate. Giacomo non condanna il non credente perché si veste in quel modo, ma piuttosto la reazione ammirata ed adulatoria dell’assemblea.

A questa “apparizione” Giacomo contrappone il tipico membro della chiesa, il povero” (v. 2), popolano malvestico e poco istruito. Sebbene nella chiesa antica vi fossero sicuramente anche persone facoltose (cfr. 1 Timoteo 6:17-19), essa consisteva prevalentemente di gente comune e povera (cfr. Giacomo 5; Atti 2:45). Tutt’attraverso la Scrittura, i poveri sono oggetto della particolare considerazione di Dio (1:27) e quindi non sorprende che costituissero allora la maggioranza dei cristiani.

A quel personaggio facoltoso, però, viene concesso subito un posto d’onore:“Tu, siedi qui al posto d'onore” (v. 3), un posto più comodo e prominente. Nelle antiche sinagoghe e chiese cristiane non vi erano banchi o sedie, ma solo sedili di pietra attorno ai muri e una o due panche di legno di fronte. Alcuni vi portavano degli sgabelli. La maggior parte della gente al culto sedeva per terra con gambe incrociate oppure stava in piedi (questo lo si vede ancora oggi nelle chiese ortodosse orientali). Vi erano pochi posti buoni a sedere. Nelle sinagoghe erano quelli ambiti dai Farisei (Marco 12:38-39).

Questa trattamento privilegiato per il primo e discriminatorio per i secondi, viene così condannato da Giacomo, che lo considera un riprovevole “trattamento diverso” (v. 4). La vera natura del peccato in questo brano non era portare vestiti lussuosi ed anelli, o sedersi in un buon posto, ma mostrare parzialità usando per alcuni un trattamento diverso. Perché mai il ricco doveva sedere comodamente ed il povero stare seduto per terra in un angolo? Secondo i principi fondanti della fede cristiana, per Giacomo questo non aveva senso, era sommamente incoerente, e ottenuto, dice: ...giudicando in base a ragionamenti malvagi” (v. 4), anche traducibile con “Non siete giudici dai giudizi perversi?” (CEI), o “con intenzioni perverse”. Giacomo temeva che i suoi lettori si comportassero proprio come si fa nel mondo lontano da Dio ed ignorante dei principi della fede cristiana, quel mondo che, privilegiava i ricchi ed i potenti e disprezzava “quelli che non contano” nella società, i poveri, la gente comune. La fede cristiana autentica, però, capovolge i valori correnti e ridimensionando le persone facoltose, ridava piena dignità a coloro che, secondo i criteri del mondo, non avevano avuto successo ed erano considerati di nessuna o scarsa importanza, o considerati finché in qualche modo potevano servire, essere sfruttati dai ricchi e dai potenti. Poteva essere tollerrato un simile comportamento? No.

 

3. L’incoerenza

 

Giacomo, così, rimarca: Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto quelli che sono poveri secondo il mondo perché siano ricchi in fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano? Voi invece avete disprezzato il povero! Non sono forse i ricchi quelli che vi opprimono e vi trascinano davanti ai tribunali? Non sono essi quelli che bestemmiano il buon nome che è stato invocato su di voi?” (5-7).

Secondo l’insegnamento cristiano, la vera ricchezza è quella di una fede viva che trasforma la realtà ad immagine di Cristo. Essa produce abbondante “il frutto dello Spirito Santo”: Il frutto dello Spirito … è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo” (Galati 5:22). Questi sono i veri “anelli” da portare alle dita, le “vesti di giustizia” di cui coprirsi, non la vanagloria di questo mondo. L’apostolo Paolo scrive: Questo dunque io dico e attesto nel Signore: non comportatevi più come si comportano i pagani nella vanità dei loro pensieri, con l'intelligenza ottenebrata, estranei alla vita di Dio, a motivo dell'ignoranza che è in loro, a motivo dell'indurimento del loro cuore” (Efesini 4:17-18). I poveri, vale a dire coloro che non hanno ciò di cui questo mondo tanto si vanta, o perché vi hanno rinunciato con la loro conversione, sono i veri “ereditieri”, eredi del regno” (5). Giacomo qui intende l’ambito (terreno) dove Cristo regna, come pure quello futuro, il regno di Dio.

Perché poi tanto onorare “le celebrità” di questo mondo. “Aprite gli occhi,” sembra dire Giacomo, essi sono coloro che vi opprimono” (v. 6), letteralmente. “vi tiranneggiano”. Essi sono coloro che, per servire i loro interessi non hanno scrupoli a trascinarvi davanti ai giuci: ...vi trascinano davanti ai tribunali” (v. 6), i tribunali delle cause civili. Non solo, essi sono spesso in dividui arroganti e volgari che non hanno alcun reale rispetto per la religione, quand’anche si atteggiassero a persone religiose. Infatti, dice Giacomo: ...bestemmiano il buon nome” (v. 7) di Dio. I facoltosi avversari israeliti della fede cristiana tormentavano, di fatto, i cristiani, generalmente poveri e privi di potere, impedendo che si riunissero o diffamandoli proprio perché anticonformisti e critici verso l’andazzo della società.

 

4. La violazione

 

Insomma, scrive Giacomo, se siete coerenti con i tratti distintivi della fede cristiana non potete manifestare tali parzialità, anzi, trascurando i principi di base della fede, dimostrate di disprezzare la legge di Dio e ve ne manifestate trasgressori: Certo, se adempite la legge regale, come dice la Scrittura: «Ama il tuo prossimo come te stesso», fate bene; ma se avete riguardi personali, voi commettete un peccato e siete condannati dalla legge quali trasgressori. Chiunque infatti osserva tutta la legge, ma la trasgredisce in un punto solo, si rende colpevole su tutti i punti. Poiché colui che ha detto: «Non commettere adulterio», ha detto anche: «Non uccidere». Quindi, se tu non commetti adulterio ma uccidi, sei trasgressore della legge” (8-11).

La legge regale” (v. 8), o “legge sovrana”, é il più importante dei comandamenti, la legge suprema e vincolante, vale a dire: Ama il tuo prossimo come te stesso”. Questa “legge regale”, assieme al comando di amare Dio, riassume tutta la Legge ed i Profeti. Quando Giacomo dice che dobbiamo amare come amiamo noi stessi, intende con la stessa cura ed attenzione che dimostriamo verso noi stessi. Per noi stessi, infatti, non risparmiamo nulla che ci faccia piacere (cfr. Filippesi 2:3-4). 
La “legge regale” era eminentemente parte dell’insegnamento di Gesù. Rammentate, infatti il vangelo di Matteo al riguardo: ...un dottore della legge, gli domandò, per metterlo alla prova:  «Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?» Gesù gli disse: «"Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti».” (Matteo 22:34-40).

Se, però, abbiamo riguardi personali” (v. 9), o meglio “dato che avete riguardi personali” (questa pratica sbagliata non era un’ipotesi, ma di fatto avveniva fra i lettori di Giacomo, era una pratica consolidata!), vi esponete ad essere: Condannati dalla legge” (v. 9), in particolare il comando di Deuteronomio 1:17; 16:19: Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali; darete ascolto al piccolo come al grande; non temerete alcun uomo, poiché il giudizio appartiene a Dio; e le cause troppo difficili per voi le presenterete a me e io le ascolterò» ... Non pervertirai il diritto, non avrai riguardi personali e non prenderai nessun regalo, perché il regalo acceca gli occhi dei savi e corrompe le parole dei giusti”. Trascurando quel punto, di fatto vi rendete Colpevoli su tutti i punti” (v. 10), non nel senso di aver violato ogni comandamento, ma nel senso di aver violato l’unità, l’integrità della Legge. Una trasgressione rende impossibile adempiere al comandamento più basilare: amare Dio perfettamente ed il prossimo come noi stessi.

 

5. L’appello

 

L’appello finale di Giacomo è dunque: Parlate e agite come persone che devono essere giudicate secondo la legge di libertà. Perché il giudizio è senza misericordia contro chi non ha usato misericordia. La misericordia invece trionfa sul giudizio” (12-13).

L’imparzialità, anzi, la preferenza data al povero, significa praticare la misericordia. Infatti: Chi non ha usato misericordia” (v. 13), la persona che non manifesta misericordia e compassione per chi è nel bisogno, dimostra che ancora non ha risposto adeguatamente alla misericordia di Dio e, come persona non redenta, riceverà solo uno stretto giudizio senza misericordia, quello che spetta a chiunque non colga “l’ancora di salvezza” che Dio offre in Cristo (Matteo 5:7). Al contrario, la misericordia trionfa sul giudizio” (v. 13), o anche “ha sempre la meglio nel giudizio” (CEI). La persona la cui vita è caratterizzata dalla misericordia si può dire che sia è pronta per il giorno del giudizio e non dovrà più subire le accuse di Dio nei suoi confronti. Mostrando misericordia ad altri, dà infatti prova di avere ricevuto autenticamente misericordia in Cristo.

 

Per riassumere

 

Il favoritismo è sempre stato un problema fin dagli inizi della chiesa. Anche i più stretti collaboratori di Gesù manifestavano spesso molti pregiudizi verso chi era diverso da loro. Lo vediamo in Giovanni, quando diceva allo stesso Gesù: «Maestro, noi abbiamo visto un tale che scacciava i demòni nel tuo nome, e glielo abbiamo vietato perché non ti segue con noi». Ma Gesù gli disse: «Non glielo vietate, perché chi non è contro di voi è per voi»” (Luca 9:49-50), come pure in Pietro, chiamato da Dio a rivolgersi a non-ebrei, aveva sempre avuto molte resistenze in sé stesso, ma poi lo riconosce e ne fa ammenda:Allora Pietro, cominciando a parlare, disse: «In verità comprendo che Dio non ha riguardi personali; ma che in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente gli è gradito” (Atti 11:34-35).

Il favorismo rimane spesso un problema oggi. Favoritismo e parzialità non sono da Dio. Quanto spesso come cristiani tendiamo a formulare giudizi basandoci su criteri personali egoistici piuttosto guardare gli altri come Dio li guarda.

Su questa terra noi dobbiamo essere “le primizie” del nuovo cielo e della nuova terra che Dio porterà a compimento negli ultimi giorni di questo mondo. Benché certo imperfettamente dobbiamo dare prova, l’evidenza di un diverso modo di pensare e di agire, quello di Cristo, al quale siamo stati convertiti. Onoriamo così “gli ultimi della società” in vista di quel giorno in cui, in cielo non vi saranno più “poveri” di alcun tipo, nessun cittadino di seconda classe. Ciascuno sarà ricco delle cose che più contano nell’eternità. Ciascun cristiano riceverà la stessa vita eterna, la stessa cittadinanza celeste nel regno di Dio e la stessa perfetta giustizia di Cristo accreditata loro dal Padre. Ciascuno dei Suoi figli vivrà nella Sua casa e godrà della Sua presenza e del Suo amore (
Giovanni 14:1-3). In che modo le nostre scelte oggi manifestano lo stile di vita che Cristo incarnava, per il quale siamo stati convertiti e che sarà stabilito nella sua pienezza quando questo mondo verrà a finire? Che noi si possa crescere sempre meglio nella grazia e nella conoscenza di Cristo e seguire il Suo esempio, trattando ciascuna persona imparzialmente con l’amore di Cristo.

 

Domande di approfondimento

 

  • Avete mai rilevato nella vostra comunità cristiana una qualche sorte di discriminazione (economica, razziale, sociale, teologica, ecc.)?

  • Hai mai fatto esperienza tu stesso di  una qualche discriminazione?

  • Hai mai fatto esperienza di un trattamento privilegiato da parte di qualcuno? Spiega la situazione. Come ti sei sentito?

  • Perché secondo Giacomo, mostrare parzialità è incompatibile con la fede? (Cfr. Levitico 19:15; Deuteronomio 10:17; 15:7-10; 2 Cronache 19:7; Giobbe 34:19; Proverbi 24:23; 28:21; Atti 10:34-35; Romani 2:11; Efesini 6:9; 1 Pietro 1:17).

  • La chiesa antica era composta principalmente da persone facoltose=? Su quale base rispondi?

  • Che reazione suscitavano i poveri quando visitavano una comunità crisiana? Che cosa rammenta Giacomo a proposito dei poveri (Cfr. Levitico 25:35-37; Salmo 41:1; 72:4,12: 113:7; Proverbi 17:5; 21:13; 28:27; 29:7; 31:9; Isaia 3:14-15; 10:1-2; 25:4; Galati 2:10)?

  • In che modo iacomo fa uso della Legge per spiegare il problema della parzialità? (vv. 8-10).

  • Che cosa intende Giacomo quando usa la frase apparentemente paradossale “la legge della libertà”?

  • In che modo ubbidire alla Legge regale elimina il peccato di parzialità e del favoritismo fra il popolo della fede (Cfr. Deuteronomio 6:4-5; Romani 13:8-10)?

  • Leggi 2 Timoteo 3:1-5: in che modo questi versetti distruggono il mito comune che il comando “ama il tuo prossimo come te stesso” sia di fatto un comando ad amare sé stessi?

  • Leggi Filippesi 2:3-4. Che cosa dice questo versetto /ed il suo contesto) sui nostri rapporti con gli altri?

  • Numerosi brani della Scrittura chiamano i cristiani ad avere compassione verso i poveri. Identifica due o tre modi concreti in cui si può ubbidire a questo comando.

  • Che cosa sta alla radice del favoritismo, dell’essere parziali?

  • In che modo si deve evitare di “etichettare” gli altri? 

  • In che modo hai difficoltà nell’evitare un trattamento preferenziale per alcuni e pregiudizi contro altri? In casa, nel luogo di lavoro, in chiesa? 

 

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