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giacomo08

Page history last edited by Paolo E. Castellina 11 years, 5 months ago

Indice -  Settima parte - Nona parte

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Il giusto ubbidisce

(Giacomo 2:21-26)

 

L'ubbidienza non è più oggi un valore generalmente riconosciuto, forse perché c’è una generalizzata crisi di fiducia nelle autorità alle quali dovremmo debitamente sottometterci. Siamo stati, infatti, troppo spesso delusi dai politici che, invece di essere al nostro servizio, come dovrebbero, spesso servono soprattutto i loro interessi privati e ci sfruttano illudendoci con false promesse. Come si fa, infatti, dicono giustamente molti, ad avere fiducia ed ubbidire loro? Se vi ubbidiamo, allora, è così di malavoglia, temendo solo le conseguenze caso mai non lo facessimo. Che dire, poi, della fiducia nei medici, negli ospedali oppure dei ministri di culto e delle organizzazioni ecclesiastiche? Quanto spesso questa fiducia è tradita!

 

Gli abusi, però, non dovrebbero impedirci di riconoscere come l'ubbidienza alle autorità legittime che ci sono preposte è di per sé stesso un valore, sancito nella Parola di Dio. L’ubbidienza, infatti, in questa prospettiva, caratterizza la persona giusta, vale a dire la persona "in regola" verso la società di cui siamo parte e verso Dio. Essa ci dice, ad esempio: “Figli, ubbidite nel Signore ai vostri genitori, perché ciò è giusto” (Efesini 6:1); “Servi, ubbidite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne; non servendoli soltanto quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con semplicità di cuore, temendo il Signore” (Filippesi 3:22); “Ubbidite ai vostri conduttori e sottomettetevi a loro, perché essi vegliano per le vostre anime come chi deve renderne conto, affinché facciano questo con gioia e non sospirando; perché ciò non vi sarebbe di alcuna utilità” (Ebrei 13:17).

Certo, vivendo in un mondo come il nostro, l'ubbidienza deve essere sempre accompagnata dal discernimento, da un sano senso critico (dobbiamo pure difenderci!). Una cosa però bisogna dire: Dio non ci deluderà mai, Egli merita la nostra piena fiducia e quindi, da parte nostra, la nostra più incondizionata ubbidienza. L'uomo o la donna giusta ubbidisce a Dio.

 

 

Il testo di oggi

 

Giacomo, nella sua epistola, fra i segni che comprovano la realtà della fede cristiana, pone l'ubbidienza alla volontà rivelata di Dio. Ne abbiamo parlato già la volta scorsa mettendo in rilievo come una fede autentica sua necessariamente "produttiva" ed oggi il nostro testo ci permette di approfondirne il concetto.

 

Giacomo ha già messo in contrapposizione una fede vivente con una fede morta, una fede salvifica con una fede non salvifica, una fede produttiva con una fede non produttiva, una fede pia con la fede dei demoni, che è pur sempre fede, ma che certo non li rende giusti né li salva. Ora egli continua la sua argomentazione proponendo esempi biblici famosi di fede vivente ed ubbidiente: quelli del patriarca Abraamo prima e poi di Rahab, la donna che tradisce il suo popolo per stare dalla parte di Israele e del suo Dio che riconosce come il solo Dio vivente e vero. Giacomo mette in rilievo come essi non erano stati riconosciuti giusti di fronte a Dio per il fatto che dicessero di essere credenti o sulla base delle loro "osservanze religiose" ma per la loro ubbidienza.

 

“Abraamo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere quando offrì suo figlio Isacco sull'altare? Tu vedi che la fede agiva insieme alle sue opere e che per le opere la fede fu resa completa; così fu adempiuta la Scrittura che dice: «Abraamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto come giustizia»; e fu chiamato amico di Dio. Dunque vedete che l'uomo è giustificato per opere, e non per fede soltanto. E così Raab, la prostituta, non fu anche lei giustificata per le opere quando accolse gli inviati e li fece ripartire per un'altra strada? Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta” (Giacomo 2:21-26).

Giacomo qui mette in rilievo come nel caso di Abraamo e di Rahab, la loro fede era dimostrata dalle loro azioni, dal fatto che avessero investito tutto quel che avevano nel Signore, dal fatto che erano stati disposti a rinunciare a quanto avevano di più caro e persino alla loro stessa vita. Si erano impegnati verso il Signore incondizionatamente, senza riserve, qualunque ne fosse il costo. Oggi questo sarebbe considerato fanatismo, ma il tempo presente non può certo essere considerato esemplare per quanto riguarda la coerenza a degli ideali o per le luminose realizzazioni della sua fede, ma un tempo di decadenza morale e spirituale.

 

Ecco, così, come nel vortice dei grandi progetti, decisioni e bivi della vita - là dove sono in gioco ambizioni, speranze, sogni, destini e la vita stessa - è proprio là che la vera fede infallibilmente si rivela. Molto prima della crocifissione di Cristo, Abraamo e Rahab erano stati disposti, per così dire, a prendere la propria croce e seguirlo (Marco 8:34). Essi avevano “odiato la loro vita in questo mondo” per conservarla nel mondo a venire (Giovanni 12:25). Abraamo e Rahab si pongono così per sempre come alcuni fra gli esempi di quella fede ubbidiente che indubbiamente “supera gli esami"

 

Vediamo un po’ meglio questi personaggi e poi esamineremo il testo più in dettaglio.

 

 

Esempi di fede salvifica

 

La figura di Abraamo, insieme con quella di Mosè e di Davide, è una figura centrale per l’identità politica e religiosa del popolo ebraico. La stupefacente ricchezza e varietà delle allusioni ad Abraamo contenute pure nel Nuovo Testamento, la rendono anche per noi che ebrei non siamo una figura di profondo significato religioso, tanto da renderlo il credente per eccellenza, il “prototipo” del cristiano stesso.

 

L’apostolo Paolo espressamente relativizza il fatto che Abraamo sia il capostipite della nazione ebraica in quanto tale e fa di lui il padre di tutti coloro che (a qualsiasi nazione appartengano) come lui hanno fede in Dio. Questa “relativizzazione” l’aveva, per altro, fatta Gesù stesso, quando ai Giudei che Lo accusavano e complottavano contro di Lui, dice: “Se foste figli di Abraamo, fareste le opere di Abraamo” (Giovanni 8:39).

 

Abraamo è così il “padre dei credenti” ed ogni autentico credente nel Dio vero e vivente è “discendenza di Abraamo” o, come si esprime “padre di tutti gli incirconcisi” (Romani 4:11). Paolo scrive infatti: “Riconoscete dunque che quanti hanno fede sono figli d'Abraamo” (Galati 3:7), come pure: “Se siete di Cristo, siete dunque discendenza d'Abraamo, eredi secondo la promessa” (Galati 3:29). Abraamo accoglie con fiducia la promessa che il Signore Iddio gli fa che sarebbe diventato “padre di una grande nazione” ma, di fatto, la promessa include gente di ogni nazione: “tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza” (Genesi 26:4). E’ Giacomo stesso che afferma come Abraamo sia il prototipo di coloro che erano, sono e saranno giustificati proprio per avere una fede simile alla sua. Come vedremo più avanti, egli afferma: “Abraamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto come giustizia; e fu chiamato amico di Dio” (2:23).

 

Abraamo agisce non sulla base di ciò che vede o comprova, ma sulla base della sua fede nel fatto che Dio è verace e tutto quel che comanda, per quanto noi non lo si comprenda appieno o sia piuttosto arduo, ha sempre un buon motivo. Lo precisa la lettera agli Ebrei: “Per fede Abraamo, quando fu chiamato, ubbidì, per andarsene in un luogo che egli doveva ricevere in eredità; e partì senza sapere dove andava. … Per fede Abraamo, quando fu messo alla prova, offrì Isacco; egli, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito” (Ebrei 11:8,17). In Genesi 22 Dio, infatti aveva detto ad Abraamo: «Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e va' nel paese di Moria, e offrilo là in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò» (Genesi 22:2).

 

Questo stupefacente comando (far intendere ad Abraamo che doveva sacrificare il suo unico figlio, Isacco) di fatto è per lui una durissima prova di fede. Voleva dire sacrificare proprio quel figlio che tanto aveva atteso e che aveva visto crescere forse per vent’anni. Questo avrebbe significato interrompere il canale attraverso il quale Dio aveva promesso di adempiere al patto stipulato da Dio con Abraamo che tramite lui sarebbe sorta una grande discendenza. Così, sebbene il comando di Dio sembrava non avere senso, Abraamo ubbidisce per fede e Dio lo ferma proprio quando sta per eseguire quell’atto. Era proprio quella la fede che Dio avrebbe onorato. Abraamo diventa così il modello stesso della fede salvifica “pronta a tutto”, un uomo la cui fede vivente era quella che Dio si aspetta dai Suoi e che la qualifica.

 

Rispetto a Abraamo, Rahab è un personaggio certamente minore della storia biblica, ma l’evangelista Matteo la include nella genealogia dello stesso Gesù (Matteo 1:5). Quando gli israeliti si accampano a Shittim, nella valle del Giordano di fronte a Gerico, pronti ad attraversare il fiume, Giosuè, come preparativi finali, manda in avanscoperta due esploratori. Al loro ritorno essi raccontano di come, entrate nella città di Gerico, fossero stati protette dall’essere riconosciuti come tali e quindi, arrestati ed uccisi, dall’intervento di una donna, Rahab, una prostituta del luogo, che le aveva nascosti in casa sua. Rahab si dimostra consapevole dell’invincibile supremazia del Dio di Israele e del significato religioso della loro vicenda. Aveva così deciso di mettersi dalla Sua parte e collaborare con Israele contro il suo stesso popolo. Per avere aiutato le spie di Israele, riceve la promessa che lei e la sua famiglia sarebbero state risparmiate. Il che avviene dopo l’invasione ed la loro presa di potere a Gerico ed essi sono accolti fra il popolo di Israele. Rahab abbandona così la sua vecchia vita di prostituta e si sposa poi con l’israelita Salmon, diventa la madre di Boaz, la nuora di Ruth e la trisavola di Davide. Il libro di Giosuè dice: “A Raab, la prostituta, alla famiglia di suo padre e a tutti i suoi Giosuè lasciò la vita; e lei ha abitato in mezzo a Israele fino ad oggi, perché aveva nascosto gli esploratori che Giosuè aveva mandato a Gerico” (Giosuè 6:25). La lettera agli Ebrei pone pure Rahab fra gli eroi e gli esempi di fede: “Per fede Raab, la prostituta, non perì con gli increduli, avendo accolto con benevolenza le spie” (Ebrei 11:31).

 

Esaminiamo così alcuni dettagli del testo biblico di oggi.

 

 

Esposizione

 

1. “Abraamo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere quando offrì suo figlio Isacco sull'altare?” (21).

 

Con questo si deve intendere: “Abraamo, nostro padre, forse che non è stato dimostrato dalle sue opere, vale a dire l’offerta di suo figlio Isacco sull’altare, che egli era stato giustificato?”. Giacomo non afferma in alcun modo che la base dell’accoglienza di Abraamo da parte di Dio fosse allora la sua pronta ubbidienza (di per sé stessa) a quello che Dio gli aveva comandato, né la sua osservanza della legge (che per altro non era ancora stata allora promulgata), né la sua perfezione morale o che le sue opere fossero tali da espiare i suoi peccati e guadagnarsene il perdono. Giacomo non nega la dottrina paolina che la sola fede nella Persona e nell’opera di Cristo sia lo strumento mediante il quale siamo giustificati. Giacomo contesta solo una concezione malintesa della fede, come se la fede giustificante e quindi salvifica potesse essere disgiunta dalle opere che necessariamente ne conseguono. “L’opera” di Abraamo (la sua ubbidienza) era segno evidente della presenza in lui di quella fede autentica che lo aveva portato alla giustificazione. Le sue opere dimostrano che Abraamo è un giustificato. Di fatto Giacomo mette in rilievo come quella conclamata fede che non sia seguita da opere corrispondenti non ha valore, che se un uomo o una donna non manifesta opere di ubbidienza a Dio non può essere considerato giustificato.

 

In quel senso si può dire che le sue opere lo giustifichino, giustifichino la sua condizione di giustificato, che esse rivelano come egli fosse considerato e trattato dal suo Fattore come una persona giusta ai Suoi occhi. Giacomo nella sua lettera parla della natura della fede salvifica: una “fede” che non produca più effetti di quella dei demoni, non è quella che possa salvare. Abramo dimostra di non avere una “fede morta” e improduttiva di ciò di cui Dio si compiace. La sua fede è “quella giusta” perché l’aveva portato alla fiduciosa ubbidienza anche in ciò che gli sarebbe stato estremamente doloroso, il massimo sacrificio immaginabile. Come spiega ulteriormente Ebrei 11:19: “Abraamo era persuaso che Dio è potente da risuscitare anche i morti; e riebbe Isacco come per una specie di risurrezione”.

 

Le parole di Giacomo non possono essere in alcun modo equivocate come se contraddicessero il resto dell’insegnamento apostolico, difatti egli chiaramente aggiunge: “...così fu adempiuta la Scrittura che dice: «Abraamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto come giustizia»; e fu chiamato amico di Dio” (Giacomo 2:23). La fede di Abramo non era semplicemente una fede speculativa, ma un principio attivo che l’aveva portato ad una vita santa. La fede che giustifica è solo quella che conduce alle opere che Dio comanda. Abraamo, per altro, porta il figlio Isacco al sacrificio estremo molto tempo dopo essere stato di fatto già giustificato. Qui egli manifesta “semplicemente” come la sua originale fede giustificante fosse genuina e sincera. La richiesta che egli riceve da Dio è una comprova della sua giustificazione, non un suo atto strumentale: “Per fede Abraamo, quando fu messo alla prova, offrì Isacco; egli, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito” (Ebrei 11:17).

 

Questo non contraddice il chiaro insegnamento dell’apostolo Paolo che Abraamo sia stato giustificato davanti a Dio per grazia soltanto mediante la sola fede. Per diverse ragioni Giacomo non avrebbe potuto significare che Abraamo sia stato dichiarato giusto di fronte a Dio a causa delle sue opere. Infatti, (1) Giacomo già aveva affermato che la salvezza è un dono della grazia di Dio (1:17-18); (2) Nel più bel mezzo del brano disputato (v. 23) Giacomo cita Genesi 15:6, che afferma con forza che Dio aveva accreditato ad Abraamo giustizia sulla base soltanto della sua fede; e (3) le opere che Giacomo dice avessero giustificato Abraamo era la sua offerta di Isacco, avvenimento avvenuto molti anni prima dopo che egli esprime la sua fede ed è dichiarato giusto di fronte a Dio. Al contrario, l’offerta da parte di Abraamo di Isacco dimostra l’autenticità della sua fede e la realtà della sua giustificazione di fronte a Dio.

 

Giacomo mette in rilievo in che modo si possa dimostrare di avere veramente fede. Il suo insegnamento integra perfettamente gli scritti di Paolo; la salvezza è determinata dall’atto della sola fede (Efesini 2:8-9) e dimostrata dalla sua fedeltà ad ubbidire alla sola volontà di Dio (Efesini 2:10).

 

2. “Tu vedi che la fede agiva insieme alle sue opere e che per le opere la fede fu resa completa” (22).

 

“La sua fede fu resa completa” (“quella fede divenne perfetta” CEI; “la fede fu resa perfetta” ND; “la sua fede fu resa compiuta” Riv.; “la fede fu compiuta” Diod.). Significa “portare qualcosa al suo compimento”, Come un albero da frutto non giunge al suo fine fintanto che non porta frutto, così la fede non raggiunge il suo fine fintanto che non si dimostri in una vita di giustizia, una vita conforme a quanto Dio, nella Sua Parola, dichiara essere giusto ai Suoi occhi.

 

Gesù, nella parabola del Seminatore, parla dell’annuncio dell’Evangelo come di un seme che raggiunge diversi tipi di terreno. In alcuni terreni la Parola non fa neppure in tempo a radicarsi e crescere perché viene subito “portata via”. In altri terreni essa germoglia solo per breve tempo e non giunge a compimento. Quando la Parola, però, raggiunge “il buon terreno” essa cresce e produce frutto. “...ma quelli che hanno ricevuto il seme in buon terreno, sono coloro che odono la parola, la ricevono e portano frutto, chi il trenta, chi il sessanta e chi il cento” (Marco 4:20’). La “produzione”, il “raccolto” testimonia del “buon terreno”, la fede autentica di coloro che Dio ha dichiarato giusti.

 

3. “...così fu adempiuta la Scrittura che dice: «Abraamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto come giustizia»; e fu chiamato amico di Dio” (23).

 

La Scrittura adempiuta è il testo biblico di Genesi 15 che dice: “Dopo questi fatti, la parola del SIGNORE fu rivolta in visione ad Abramo, dicendo: «Non temere, Abramo, io sono il tuo scudo, e la tua ricompensa sarà grandissima». Abramo disse: «Dio, SIGNORE, che mi darai? Poiché io me ne vado senza figli e l'erede della mia casa è Eliezer di Damasco». E Abramo soggiunse: «Tu non mi hai dato discendenza; ecco, uno schiavo nato in casa mia sarà mio erede». Allora la parola del SIGNORE gli fu rivolta, dicendo: «Questi non sarà tuo erede; ma colui che nascerà da te sarà tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda il cielo e conta le stelle se le puoi contare». E soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al SIGNORE, che gli contò questo come giustizia” (Genesi 15:1-6).

 

L’espressione: “amico di Dio” è notevole ed indica coloro che sono nel giusto rapporto con Dio, coloro che con un’ubbidienza fiduciosa a Lui dimostrano di essere “a posto” con Lui, vale a dire: “giusti”. Ai Suoi discepoli una volta Gesù aveva detto: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. Nessuno ha amore più grande di quello di dar la sua vita per i suoi amici. Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando. o non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udite dal Padre mio. Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri” (Giovanni 15:12-14).

 

4. “Dunque vedete che l'uomo è giustificato per opere, e non per fede soltanto”. “E così Raab, la prostituta, non fu anche lei giustificata per le opere quando accolse gli inviati e li fece ripartire per un'altra strada?” (24,25).

 

L’Antico Testamento racconta del contenuto della fede operante di Rahab, espressione della sua giustificazione di fronte a Dio. Dimostra, come abbiamo visto, la realtà della sua fede salvifica quando, con grande rischio personale, protegge i messaggeri di Dio. Con questo Giacomo non intende certo giustificare che la sua professione, il suo tradimento o le sue menzogne fossero state, in qualche modo, gradite al Signore, ma che il suo atto di fede operante è talmente significativo da coprire e sanare le sue trasgressioni, come dimostra il suo susseguente stabilmento a tutti gli effetti fra il popolo di Dio e la sua esemplarità. E’ per certi versi simile al personaggio di Ruth che, proveniente dal paganesimo “sceglie” il Dio di Israele, viene integrata nel Suo popolo e diventa, pure lei, antenata del Cristo.

 

L’espressione: “giustificata per le opere” include Il verbo greco dikaioo che ha generalmente due significati: (1) Il primo ha a che fare con l’assoluzione, vale a dire dichiarare e trattare una persona come giusta. Quello è il suo significato in rapporto alla salvezza ed il senso che quasi sempre Paolo dà al suo significato. (2) Il secondo senso è quello di “dare prova di giustizia”. È usato in questa maniera molte volte nel Nuovo Testamento, sia in rapporto a Dio che agli uomini. È questo secondo il significato dato a questo verbo in questo brano. Giacomo dice che Abraamo, la cui fede stessa era dono di Dio (Efesini 2:8) e lei stessa erano stati giustificati, comprovati, dalle opere, come giusti. Infatti, conclude Giacomo: “.... come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta” (26), vale a dire non esistente.

 

 

Conclusione

 

Abraamo non era un uomo perfetto, sia per quanto riguarda la sua fede che le sue opere. Dopo molti anni passati senza che Sara gli generasse un figlio, quello che pure gli era stato promesso, egli cerca di rimediare, prende così la cosa nelle sue mani, e genera un figlio dalla serva Hagar, Ismaele. La sua fede vacillante nel Signore lo spinge poi a commettere adulterio. In quelli ed in altri casi, come quando mente per due volte dicendo che Sara era sua sorella (Genesi 12:19; 20:2). Le sue opere ovviamente se lo possono giustificare di fronte agli uomini, non lo giustificano di fronte a Dio.

 

Il punto di Giacomo è che, nell’atteggiamento complessivo della sua vita, Abramo fedelmente dimostra la sua fede salvifica attraverso le sue molte opere buone, culminanti nell’atto estremo che pure era stato disposto a compiere: offrire Isacco in sacrificio. Quando un uomo o una donna sono giustificati di fronte a Dio, essi sempre daranno prova della loro giustificazione.

 

Un uomo o una donna dichiarati e resi giusti, vivono in modo giusto, nonostante le loro molte debolezze, quando prendono sul serio la Parola di Dio ed intendono ubbidirvi, ...anche quando non riesce a comprenderne il senso. Essi vi ubbidiscono quand’anche il mondo dicesse che, così facendo, si dimostrassero “irrazionali” e “fanatici”. Così avevano detto di Noè quando egli costruiva l’arca per la salvezza sua e della sua famiglia, credendo a Dio che sarebbe venuto un diluvio distruttore quando ancora non c’era una sola goccia di pioggia in cielo e tutti si prendevano gioco di lui. Chi, però, sarebbe stato giustificato? Lui o il mondo che di lui rideva?

 

L’ubbidienza alla Parola di Dio è dunque ciò che più di ogni altra cosa contraddistingue l’autentico credente, l’autentico cristiano. L’autentico cristiano non critica la Parola di Dio ma lascia che la Parola di Dio critichi lui. L’autentico cristiano non mette in discussione la Parola di Dio, ma lascia che sia la Parola di Dio a mettere lui stesso in discussione. Quando incontra delle difficoltà o delle apparenti contraddizioni nella Parola di Dio, l’autentico cristiano le accetta anche se non sa per il momento spiegarle. Dice: “Sono io che non comprendo, ma do fiducia al Signore in ogni caso e Gli chiedo che mi dia di comprendere. Ubbidisco nella consapevolezza che il Signore non mi deluderà mai e ‘sa quello che mi sta chiedendo’”. Come Abraamo, come Rahab, negli esempi che dà Giacomo, ma come innumerevoli uomini e donne nell’intera storia del popolo di Dio..

In effetti, solo la fede giustifica, ma la fede che giustifica non viene mai da sola.

 

 

Domande

 

  • Qual è il più grande passo di fede che tu abbia visto fare?
  • Pensi che alcuni cristiani abbiano una più grande capacità di fede di altri?
  • Nella tua via hai dovuto affrontare un grande rischio e seguito ciò che credevi essere volontà di Dio, anche se amici o familiari credevano che la tua fosse una decisione folle? Come ti sei sentito allora? Che cosa poi è successo?
  • Quali sono le tre illustrazioni che Giacomo adduce per provare come la fede priva di opere sia morta? Versetti da considerare: Genesi 22:1-9; Giosuè 2:1-21; 6:22-23.
  • Paolo insegna che siamo giustificati solo per fede. Giacomo dice che Abraamo e Rahab erano stati giustificati per opere. Quando si considera l’intero discorso di Giacomo sulla fede e sulle opere, si può vedere come il paradosso si risolva. In che modo lo spiegheresti a qualcun altro? (Considera Giovanni 8:56; 14:6; Efesini 2:8-9; Ebrei 5:9; 11:8-10; 13-16,31).
  • Perché è significativo che Abraamo sia chiamato “amico di Dio”? Che cosa vuol dire? (Da considerare 2 Cronache 20:7; Isaia 41:8; Giovanni 15:14-15).
  • Come risponderesti ad una persona che sostiene come le opere (o il comportamento) hanno un ruolo importante nella nostra salvezza?
  • Quale contributo dà Romani 4:1-25 alla comprensione del rapporto fra fede ed opere? Che cosa dice questo testo sulla fede vivente?
  • Che cosa si può apprendere dalla fede manifestata da Abraamo nel corso della sua vita?
  • Leggi 2 Corinzi 13:5. Alla luce della realtà della fede morta che spesso si maschera da fede salvifica, che cosa dovrebbero fare i cristiani professanti?
  • Nel complesso della tua vita, le tue azioni provano che di fatto tu possieda fede salvifica? Spiega la tua risposta.
  • In che modo l’inclusione in questo brano di Rahab può diventare di grande incoraggiamento per i cristiani d’oggi?
  • Quali potrebbero essere alcuni concreti “passi di fede” che potresti prendere oggi per forzarti ad uscire dalla “zona di conforto” in una posizione dove tu non abbia altra scelta che confidare in Dio?

 

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