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giacomo09

Page history last edited by Paolo E. Castellina 11 years, 4 months ago

Indice -  Ottava parte -  Decima parte

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9. Domare la lingua

(Giacomo 3:1-12)

 

Noi tutti portiamo addosso qualcosa che potrebbe essere facilmente usato come “arma impropria” per ferire e persino uccidere. Che cos’è? E’ la nostra lingua, le cose che diciamo, il nostro modo di parlare. Importa il modo in cui ci esprimiamo verbalmente? Potremmo fare (e lo sappiamo) gravi danni con parole non appropriate. dette o senza riflettere o con l’espresso obiettivo di fare del male a qualcuno. Si dice talvolta: “Prima di parlare assicurati che bocca e cervello siano collegati”! Il problema è che spesso sono collegati ed usiamo consapevolmente la nostra bocca per colpire e fare del male. Il Signore Gesù disse un giorno: “Io vi dico che di ogni parola oziosa (o infondata) che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio” (Matteo 12:36). Ciò che diciamo può avere per noi fatali conseguenze! Lo diceva Gesù stesso.

 

Pensiamo al modo in cui ci esprimiamo interagendo con gli altri. Ci esprimiamo in modo appropriato in modo degno di un discepolo di Cristo? Ecco una serie di “vizi” della lingua. Quali, fra questi sembra a voi di cadere più spesso? Avverto che la l’elenco che vi sto per fare è di per sé stesso piuttosto allucinante soprattutto (ma è improbabile) se si trovasse nella stessa persona.

 

1. Vanto e millanteria. Riconosci di essere un tipo che spesso si vanta davanti agli altri e talvolta in modo arrogante e sbruffone? Ti rendi colpevole di millanteria (vantare con molta esagerazione: ad es. le proprie ricchezze, i proprî meriti, le proprie prodezze, la nobiltà della propria famiglia, ecc.; o fingere per vanteria cose non vere: millantare protezioni, conoscenze altolocate, ecc). Giochi a fare “lo spaccone”, vale a dire: ti vanti di aver fatto o di essere capace di fare cose straordinarie e inverosimili.

 

2. Menzogna. Sei spesso spesso bugiardo, mentitore, uso dire cose non vere, e lo giustifichi? 

 

3. Adulazione. Sei solito adulare gli altri o certe persone dalle quali spero di trarre qualche vantaggio? Adulare vuol dire lodare esageratamente per compiacenza, per interesse o bassezza d’animo: ad esempio, i potenti, i superiori; come in “lo adulava per tenerselo amico”; “gli piace essere adulato” e, per estensione l’ambizione di una persona.

 

4. Pettegolezzo. Ti piace pettegolare, spettegolare, sparlare, parlare male degli altri. Contribuisci a diffondere dicerie?

 

5. Calunnia. Ti sei reso colpevole di calunnia, maldicenza, diffamazione? La calunnia è una diceria, imputazione o denuncia, coscientemente falsa, con cui si attribuisce a una persona una colpa, un reato o comunque un fatto che ne offenda la reputazione, come nelle espressioni: inventare, spargere, diffondere calunnie sul conto di qualcuno; riferire una calunnia. 

 

6. Gravi offese. Ti capita di abusare verbalmente di qualcuno, dargli “dei nomi”, insultarlo, vituperarlo, offenderlo gravemente, spesso con un linguaggio rozzo ed ingiurioso. Vedasi insulto, ingiuria.

 

7. Volgarità. Sei uso a condire il tuo linguaggio con espressioni volgari ed inappropriate in violazione del buon gusto; parole indecenti, volgari, oscene? Ti piacciono e racconti barzellette sporche?

 

8. Diffamazione. Non ti fai scrupolo a parlare alle spalle di qualcuno per diffamarne la reputazione? Metti in giro dicerie, ciarle, chiacchiere maligne o notizia senza fondamento, come nell’espressione;: “hanno messo in giro un sacco di dicerie sul tuo conto” o “Se si dovesse dar retta a tutte le d.della gente!”?

 

9. Mettere in ombra la verità. Sei uso a oscurare, mettere in ombra o tacere la verità, equivocare astutamente verità sconvenienti per far credere una cosa invece che un’altra. Questo non è tecnicamente una menzogna, ma l’obiettivo è sempre quello di nascondere la verità. E’ la tecnica del “dire e non dire”.

 

10. Polemica. Ti piace polemizzare per polemizzare, ami le dispute, il litigio, la controversia fine a sé stessa, cerchi spesso “il pelo nell’uovo”? Alcuni si compiacciono quando lo possono fare e diventa per loro un gioco e per altri uno spettacolo.

 

11. Alzare la voce. Ti capita di alzare la voce con qualcuno e persino di urlare, pensando così di prevalere, intimidendo l’altra persona.

 

12. Sarcasmo. Sei una persona che usa spesso il sarcasmo, le frasi taglienti, che feriscono. Il sarcasmo è definito come: Ironia amara e pungente, ispirata da animosità e quindi intesa a offendere e umiliare, che a volte può anche essere espressione di profonda amarezza rivolta, più che contro gli altri, contro sé stessi: parole, frasi, osservazioni piene di sarcasmo; parlare,rispondere con sarcasmo; fare del sarcasmo.

 

13. Presunzione. Insegni cose discutibili come se fossero indiscutibili?

 

Il testo di oggi

 

L’uso della lingua è ciò di cui ci parla Giacomo nel testo della sua lettera che consideriamo quest’oggi, intitolato nelle nostre bibbie: “Esortazione a tenere a freno la lingua”. 

 

“Fratelli miei, non siate in molti a far da maestri, sapendo che ne subiremo un più severo giudizio, poiché manchiamo tutti in molte cose. Se uno non sbaglia nel parlare è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. Se mettiamo il freno in bocca ai cavalli perché ci ubbidiscano, noi possiamo guidare anche tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e siano spinte da venti impetuosi, sono guidate da un piccolo timone, dovunque vuole il timoniere. Così anche la lingua è un piccolo membro, eppure si vanta di grandi cose. Osservate: un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta! Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell'iniquità. Posta com'è fra le nostre membra, contamina tutto il corpo e, infiammata dalla geenna, dà fuoco al ciclo della vita. Ogni specie di bestie, uccelli, rettili e animali marini si può domare, ed è stata domata dalla razza umana; ma la lingua, nessun uomo la può domare; è un male continuo, è piena di veleno mortale. Con essa benediciamo il Signore e Padre; e con essa malediciamo gli uomini che sono fatti a somiglianza di Dio. Dalla medesima bocca escono benedizioni e maledizioni. Fratelli miei, non dev'essere così. La sorgente getta forse dalla medesima apertura il dolce e l'amaro? Può forse, fratelli miei, un fico produrre olive, o una vite fichi? Neppure una sorgente salata può dare acqua dolce”.

 

La lingua è potenzialmente pericolosa

 

Indubbiamente, quello che noi diciamo siamo noi stessi in modo unico. Il nostro modo di parlare è un informatore affidabile di ciò che portiamo nel cuore e che rivela ciò che siamo veramente. Non solo questo, ma l’abuso della lingua è il modo più facile che esista per commettere ciò che Dio considera peccato. 

 

Vi sono peccati che un individuo potrebbe non essere in grado di commettere semplicemente perché non ne ha l’opportunità. Non ci sono limiti, però, a quello che uno potrebbe dire, non ha confini. Nella Scrittura la lingua è veramente definita come (solo per citare alcuni termini): un flagello, qualcosa che nasconde il male come quella di una vipera, piena di malizia ed iniquità, arroganza, calunnia, menzogna, un rasoio affilato, artefice di inganni, una spada affilata, bugiarda, piena di inganno ed iniquità. La lista potrebbe essere lunghissima. 

 

Fa meraviglia che Dio abbia messo la nostra lingue dietro ai nostri denti come in una gabbia e murata nella bocca? E non fa nemmeno meraviglia che Giacomo sia interessato a questo tema e lo menzioni in ogni capitolo della sua lettera. Giacomo considera “l’uso della lingua” come un’altro elemento attraverso il quale si può comprovare la vera fede, perché la genuinità della fede di una persona sarà inevitabilmente dimostrata dal suo modo di parlare. 

 

Giacomo personifica la lingua e la bocca come rappresentanti della depravazione e della malvagità della persona interiore dell’essere umano decaduto e che a stento viene tenuto a bada persino nel cristiano spiritualmente rigenerato.. Questo attribuire  colpe ad uno specifico membro del corpo, è un noto artificio della letteratura ebraica. Ad esempio, i piedi che “sono veloci a spargere il sangue” (Romani 3:15), o il cuore “esercitato alla cupidigia” (2 Pietro 2:14)..

 

Giacomo chiama la lingua “un male continuo”, anche tradotto: “un male ribelle” (CEI), “un male che non si può frenare” (ND), “un male senza posa” (Riv.), “un male che non si può rattenere” (Diodati), lo stesso termine originale reso con “instabile” (1:8). In questo contesto suggerisce l’idea di un animale selvatico che lotta furiosamente contro coloro che vorrebbero costringerlo e domarlo e quindi asservirlo. La lingua, infatti, non vorrebbe essere confinata e che cerca sempre di sfuggire e di diffondere il suo veleno mortifero. Il suo “veleno” è più mortifero di quello di un serpente, perché può distruggere moralmente, socialmente, economicamente e spiritualmente.

 

La lingua produce solo ciò che le vien detto di produrre là dove in noi il peccato trova le sue origini, cioè la propria concupiscenza (1:14-15). Per riassumere, Giacomo insegna che i veri credenti possiedono una lingua santificata, ma una lingua santificata essi la devono conservare come tale. Egli dà tre ragioni di fondo per controllare la lingua: (1) il suo potenziale a condannare; (2) la capacità di essere controllata; (3) la sua propensità a corrompere.

 

Dettagli del testo

 

1. “Fratelli miei, non siate in molti a far da maestri, sapendo che ne subiremo un più severo giudizio” (1).

 

La parola che qui è tradotta “maestro” nel vangeli si riferisce ad una persona la cui funzione è quella in insegnare la Parola di Dio oppure di predicare. Si tratta di una funzione attribuita ufficialmente da parte di una comunità cristiana ad una persona, oppure ad una funzione o compito che uno ritiene di avere o di dover esercitare. Non sono pochi che, in una comunità cristiana, benché non abbiano al riguardo una funzione ufficiale, ritengono di aver titolo ad insegnare afli altri la dottrina cristiana o la morale. Di fatto chi insegna o si assume questa funzione ha maggiore responsabilità degli altri e sarà giudicato da Dio più severamente se non pratica quello che insegna. La parola tradotta con “giudizio” di solito nel Nuovo Testamento esprime un verdetto negativo: (1) per il falso maestro incredulo, al ritorno di Cristo (Giuda 14-15); e (2) per il credente, quando riceverà da Cristo la sua ricompensa (1 Corinzi 4:3-5). Questo non è inteso a scoraggiare i veri maestri, ma ad ammonire colui che si atteggia da maestro della serietà di questo ruolo.  Ad esempio, l’apostolo Paolo scrive: “Ora, se tu ti chiami Giudeo, ti riposi sulla legge, ti vanti in Dio, conosci la sua volontà, e sai distinguere ciò che è meglio, essendo istruito dalla legge, e ti persuadi di essere guida dei ciechi, luce di quelli che sono nelle tenebre, educatore degli insensati, maestro dei fanciulli, perché hai nella legge la formula della conoscenza e della verità; come mai dunque, tu che insegni agli altri non insegni a te stesso? Tu che predichi: «Non rubare!» rubi? Tu che dici: «Non commettere adulterio!» commetti adulterio? Tu che detesti gli idoli, ne spogli i templi? Tu che ti vanti della legge, disonori Dio trasgredendo la legge? 24 Infatti, com'è scritto: «Il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra fra gli stranieri»” (Romani 3:17-24).

 

2. “...poiché manchiamo tutti in molte cose. Se uno non sbaglia nel parlare è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo” (2).

 

Quel “...poiché manchiamo tutti in molte cose”, anche tradotto “falliamo” o “inciampiamo” si riferisce al peccare, vale a dire il mancare di fare ciò che è giusto davanti a Dio.

 

L’uomo “perfetto”, che non sbaglia, potrebbe riferirsi alla vera perfezione, nel quale caso Giacomo dice che, ipoteticamente, se uno fosse in grado di controllare perfettamente la sua lingua, egli sarebbe un uomo perfetto. Naturalmente è vero che nessuno può supporre di essere immune dal peccare con la sua lingua. Verosimilmente “perfetto” deve essere tradotto con “maturo”, “compiuto”, e quindi in grado di controllare la sua lingua.

 

3. “Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell'iniquità. Posta com'è fra le nostre membra, contamina tutto il corpo e, infiammata dalla geenna, dà fuoco al ciclo della vita” (6).

 

“Il ciclo della vita” o “il corso della vita” (CEI, ND), “la ruota della vita” (Riveduta, Diodati) significa che il male prodotto dalla lingua può estendersi oltre all’individuo per influire su tutte le cose nella sua sfera di influenza.

 

“contamina” come una malattia infettiva oppure come un agente chimico dannoso nell’acqua. Gesù disse: “È quello che esce dall'uomo che contamina l'uomo” (Marco 7:20).

 

La lingua è detta qui essere “infiammata dalla Geenna” o “traendo la sua fiamma dalla Geenna” (CEI) o “dall’inferno”. Al tempo di Gesù la Geenna era una valle a sud-ovest di Gerusalemme che serviva come deposito dei rifiuti ed era conosciuta per il fuoco che vi bruciava costantemente. Gesù usa questo luogo per simbolizzare la condizione del castigo e del tormebnto eterno. Per Giacomo la Geenna non è solo un luogo, ma simbolizza le schiere sataniche che un giorno la erediteranno - in altre parole, si parla della lingua come strumento del male.

 

Come il fuoco, le parole peccaminose della lingua possono diffondersi distruggendo rapidamente o, in quanto è accompagnato dal fumo, quelle parole possono permeare e rovinare tutto intorno a sé.

 

4. “... ma la lingua, nessun uomo la può domare; è un male continuo, è piena di veleno mortale” (8).

 

Solo Dio può “domare” la lingua con la Sua potenza, come quando nel giorno di Pentecoste le “lingue di fuoco” vengono controllate da Dio per diventare lo strumento della comunicazione dell’Evangelo (Atti 1:1-11),.

 

5. “Con essa benediciamo il Signore e Padre; e con essa malediciamo gli uomini che sono fatti a somiglianza di Dio” (9).

 

Era tradizione ebraica quella di aggiungere: “Benedetto sia il Suo Nome” alla menzione del nome di Dio. La lingua, però, è spesso usata per augurare il male alle altre persone, creare ad immagine di Dio, e quindi si dichiara illecita ogni maledizione non espressamente autorizzata da Dio. Giacomo vuole mettere così in rilievo l’incoerenza di coloro che benedicono e maledicono al tempo stesso. Non si può benedire Dio da una parte e maledire ciò che Gli appartiene ed è stato fatto a Sua immagine. Questo è illustrato dalle parole che seguono: “La sorgente getta forse dalla medesima apertura il dolce e l'amaro? Può forse, fratelli miei, un fico produrre olive, o una vite fichi? Neppure una sorgente salata può dare acqua dolce” (11-12). Una maledizione non autorizzata è peccaminosa. Il credente autentico non contraddice la sua professione di fede facendo costante uso di un linguaggio indegno.

 

Dire e non dire...

 

Dall’elenco di abusi della lingua che abbiamo fatto all’inizio del nostro studio si potrebbero generare molti studi ed applicazioni e che sarebbero troppo lunghi da pubblicare in questa sede. Potremmo però menzionare, a titolo di esempio, il vizio di mettere in ombra la verità. Di fatto può essere altrettanto dannoso di quel che si dice anche il non dire quel che dovremmo!

 

Vi sono molti cristiani oggi (predicatori e maestri) che, per timore di essere respinti o di una reazione ostile, oscurano la verità od evitano di insegnare alcune delle verità meno popolari della Bibbia, nascondendole sotto una terminologia embigua, giocando con le parole per far passare o non passare un determinato concetto senza creare  discussioni, appositamente equivocando le cose.

 

Ironicamente essi sono “fedeli alla Bibbia”, per quanto il loro limitato coraggio permetta loro, ma non insegnano l’intera verità, che è l’unica verità esistente. Per un cristiano non vi può essere alcun mettere in ombra la verità. La Parola di Dio deve brillare in tutto il suo fulgore, su tutti, nessun ombra, nessun angolo lasciato in ombra, perché coloro che insegnano una “verità” svicolando da essa sono dei bugiardi.

 

E' appunto la tecnica del "dire e non dire", usando "giri di parole" e magari giustificandoci e dicendo: "Non possiamo dire certe cose pure vere ... non le comprenderebbero o le equivocherebbero, bisogna dire le cose gradualmente o  lasciare che le intendano da soli".

 

Gesù, però, era sempre molto diretto e diceva le cose come stanno senza giri di parole,,.,

 

L’Apostolo Paolo scrive: “...al contrario, abbiamo rifiutato gli intrighi vergognosi e non ci comportiamo con astuzia né falsifichiamo la parola di Dio, ma rendendo pubblica la verità, raccomandiamo noi stessi alla coscienza di ogni uomo davanti a Dio” (2 Corinzi 4:2); “Sono dunque diventato vostro nemico dicendovi la verità?” (Galati 4:16); “...ma, seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo” (Efesini 4:15); “Sfòrzati di presentare te stesso davanti a Dio come un uomo approvato, un operaio che non abbia di che vergognarsi, che tagli rettamente la parola della verità” (2 Timoteo 2:15).

 

Che ne dite? Quali sono le verità bibliche impopolari che molti ritengono di non di non dovere tanto evidenziare? Forse quella dell’ira di Dio? Dell’inferno? Della predestinazione? Della grazia a caro prezzo?

 

Conclusione

 

Non vi è forse alcun altro luogo dove maggiormente sia evidente il rapporto fra fede ed opere che il modo di esprimersi di una persona. Quel che siamo sarà inevitabilmente rivelato da quel che diciamo. Si potrebbe dire che il modo di esprimersi di una persona sia una misura affidabile della sua “temperatura spirituale”. I rabbini parlavano della lingua come di una freccia più che di una spada, perché essa può ferire ed iccidere a grande distanza. Può creare gravi danni anche quando è lontana dalle sue vittime.

 

Giacomo ci esorta a prendere coscienza del problema e dei pericoli dell’abuso della lingua: si tratta di una questione molto seria. Il cristiano deve governare “la nave” della sua vita e tenerla nella direzione giusta. La Scrittura dice: “Chi è lento all'ira vale più del prode guerriero; chi ha autocontrollo vale più di chi espugna città … L'uomo che non ha autocontrollo, è una città smantellata, priva di mura” (Proverbi 16:32; 25-28); “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo” (Galati 5:22); “Dio infatti ci ha dato uno spirito non di timidezza, ma di forza, d'amore e di autocontrollo” (2 Timoteo 1:7). 

 

Domande di revisione

 

  • A chi si riferisce Giacomo quando parla di “maestri”? Di che cosa li ammonisce? (Considerare: Ezechiele 33:7-9; Atti 20:26-27; Efesini 4:11-12; Ebrei 13:17).
  • Secondo Giacomo, dove giace la radice del problema dell’abuso della lingua? (Considerare Isaia 6:5; Matteo 15:11,16-19; Marco 7:20-23).
  • Che tipi di mali sono causati dalla linbgua? (Considerare Salmo 5:9; 34:13; 52:4; Proverbi 6:16-17; 26-28.
  • Quali sono le metafore particolarmente adatte usate da Giacomo? Che cosa insegnano?
  • In Matteo 12:33-37 secondo le parole di Gesù, quale rapporto intercorre fra cuore e bocca?
  • In Matteo 12:33-37 quale prospettiva eterna Gesù dà sulle conseguenze delle nostre parole?
  • Leggere Salmo 143:1 e Proverbi 21:23. Comer possiamo conciliare questi versetti con l’affermazione di Giacomo che nessuno possa domare la lingua”? Qual è la nostra parte e quale la parte di Dio?
  • Di quali particolari “trasgressioni della lingua” sei consapevole? Qual è la soluzione di queste scelte sbagliate? (Cfr. 1 Giovanni 1:9).
  • Facendo uso delle verità e principi che abbiamo appreso, quali sono due possibili modi per evitare i “peccati della lingua”?

 

 

 

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